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DS16GAMMA - MISSIONE 13 RSS DS16GAMMA - Missione 13

13.01 " Il blues dei ricordi "

di T'Lani , Pubblicato il 05-05-2014

Deep Space 16 - Sala riunioni - Presente

Macerie e cadaveri. La panoramica abbracciò per un tempo angosciosamente lungo la devastazione delle rovine, soffermandosi sulle sagome annerite dei corpi sparsi in pose innaturali.
"Quello sulla sinistra dello schermo è il cadavere di Laren, seconda moglie di Franek, capo scienziato della spedizione. Laren occupava un incarico amministrativo. Avevano portato con loro i due figli, che non sono stati rintracciati tra le vittime"
Nel silenzio si udì un clic. La olocamera zoomò su verdi lingue di sangue secco che macchiavano le rovine di una installazione, le seguì per cadere sulle unghie eleganti di una mano tranciata dal corpo.
"E' stata identificata come appartenente a Makali, terzo assistente geologo. Era alla sua prima spedizione... Aveva appena ventitré anni" - Lamak premette di nuovo il telecomando, e sullo schermo apparve il volto sorridente ed un po' imbarazzato di una giovane donna dai capelli scuri tagliati a caschetto, in ginocchio su una roccia, con in mano quello che sembrava un tricorder - "Il resto del corpo non è stato trovato" - aggiunse l'ambasciatore, a voce bassa - "Nel suo caso, è stato emesso un verdetto di morte presunta. Mancano invece, come vi ho già riferito, le tracce di circa duecento persone. Quasi tutti civili" - sospirò - Computer, riaccendere le luci in sala."
L'ambasciatore Lamak chinò il capo, e andò a posare il telecomando sul tavolo, di fronte alla sedia che gli era stata riservata, per dare agli astanti il tempo di digerire le immagini che aveva appena mostrato.
"Non c'è nessun onore in un attacco del genere - mormorò, corrucciato, l'ambasciatore K'ooD - Non c'erano abbastanza soldati per proteggere quella colonia"
"Sono d'accordo, ambasciatore. Comunque sia, è inutile che vi dica che, se ci sono superstiti, li rivogliamo" - aggiunse. Era la verità, dopotutto. Il Prefetto non aveva dato disposizioni al riguardo degli scienziati scomparsi, ma se fossero riusciti a ritrovare anche qualcuno di loro, tanto di guadagnato. La spedizione sarebbe stata solo un po' più giustificata.
"E se fossero morti?" - la voce piana di T'Lani ruppe il silenzio - "Sono costretta a dirlo chiaramente: la Federazione non può tollerare l'eventualità di una spedizione punitiva."
Lamak lanciò un'occhiata verso l'ambasciatore K'ooD. Il klingon non avrebbe accettato con facilità una presenza militare romulana in quel Quadrante. Almeno, non finché i klingon non avessero avuto eguale possibilità. Nemmeno lui, Lamak, l'avrebbe accettato, se fosse stato al suo posto.
"Chi ha parlato di una spedizione punitiva?" - ribatté Lamak, con asprezza. Sollevò una mano, per prevenire la reazione - "Per favore, capitano, mi lasci finire. Posso prendere un istante per ricordarle da dove veniamo?"
Sherja Spini fece per rispondere, ma T'Lani l'anticipò:
"Dubito che la memoria del capitano Spini abbia bisogno di essere sollecitata, ambasciatore - ribatté la vulcaniana - Come non lo è la mia. Ricordo infatti di averle chiesto di sconsigliare al suo governo, a suo tempo, la installazione di una colonia così presto."
"E' vero - riconobbe Lamak - Ma difficilmente sapremo abbastanza di questo Quadrante se non inviamo spedizioni di ricerca ed esplorazione. La colonia avrebbe dovuto essere il nostro punto di appoggio per le future ricerche. Si trattava di una installazione scientifica, niente di più. Comunque, questo è materia per una discussione accademica. Il mio governo ha preso le sue decisioni, l'installazione scientifica di Benghal IV è stata discussa ed accettata sia dal Supremo Consiglio Klingon che dalla Federazione. E' stato un errore? Sono d'accordo. Ma credo che tutti, qui, conosciamo la politica abbastanza da sapere che ci sono errori dai quali non si può semplicemente tornare indietro. Una nostra colonia è stata distrutta. E' comunque un atto di guerra, al quale dobbiamo rispondere"
"E come vorresti procedere, Lamak? - K'ooD parlò, facendo brillare i denti sul volto cupo - O meglio: come vorresti che ti lasciassimo procedere?"
Lamak rilassò la schiena sulla poltrona e lasciò affiorare un sorriso prima di rispondere. Sapeva che li avrebbe spiazzati:
"Insieme a voi, naturalmente" - rispose - "Con il vostro aiuto"

Deep Space 16 - Sezione alloggi - Tre settimane prima.

Non aveva ancora indossato la camicia, per non avere uscendo un aspetto sciupato. Il comandante Shivhek si sorprese ad osservare il gioco delle ombre che scivolavano sul dorso di Shanira, incuneandosi nel gancio del reggiseno nero per scomparire alla cintura della gonna, mentre lei si piegava ad infilare le ultime cose nella valigia sul letto.
Non aveva avuto reazioni quando lui era entrato nell'alloggio, come se non si fosse neppure accorta che lui si trovava lì. Oppure, come era più logico, che non le importasse affatto che lui fosse lì.
Shanira andò a prendere le ultime cose dall'armadio, quindi uscì dal suo campo visivo per entrare nel bagno. Shivhek si avvicinò, senza fare rumore. Stava spazzolandosi i capelli. Mise la spazzola nel beauty case, dove aveva già sistemato le matite del trucco, quindi lo chiuse, prima di voltarsi a guardarlo.
Shivhek non resistette:
"Sei sicura?"
"Ne abbiamo già parlato"
"Abbiamo parlato, ma non mi avevi detto di aver sollecitato per quel posto su Tanos VII - disse il comandante - Se non sbaglio, mi avevi accennato che ti era stato offerto e che lo avevi accettato. Non che lo avessi chiesto tu"
"Non era necessario - Shanira sollevò le spalle - Sapevi che la mia situazione qui era terminata. Era logico che cercassi un altro posto"
"Avresti potuto riottenere il tuo posto come xenobiologa qui su Deep Space 16 in ogni momento, se lo avessi chiesto. E' tuttora vacante, fra l'altro"
"Ma non era quello che volevo"
"Un posto su Tanos VII, era quello che volevi? Nel Quadrante Beta, a più di sei settimane di viaggio da qui?"
"Più o meno. E' semplicemente il posto più lontano da qui che sono riuscita a trovare"
Shivhek inghiottì. Shanira ne approfittò per scansarlo e tornare verso il letto. Afferrò la camicia, infilandola, quindi si chinò sulla valigia per chiuderla.
"Tutto questo non è logico" - disse Shivhek.
"Davvero?" - fece Shanira - "In che punto, dimmi, la mia logica sarebbe fallace?"
"Non era necessario affrontare un viaggio così lungo e... Si, così pericoloso, con tutti i pirati ed i banditi che si trovano su quelle rotte, solo per lasciarmi" - disse - "Avresti potuto restare qui... Facendoti assegnare un altro alloggio, se lo desideravi. "
"No, non avrei potuto - replicò Shanira - La tua logica non comprende i rapporti con i colleghi... E le colleghe... Che si trovano a bordo di questa Base"
Shivhek aggrottò la fronte:
"Non mi avevi mai detto di avere cattivi rapporti con le colleghe della sezione di xenobiologia"
"Non ne ho, infatti - disse lei, andando a sedersi sul letto - Se possibile, è ancora peggio."
"Peggio?"
"Si. Perché essendo di razza umana, hanno un forte sistema emotivo, che non riescono a reprimere. Provano pena per me. E questo distrugge i rapporti sociali con loro."
"Continuo a non capire"
"E' naturale... Perché rifiuti di guardare." - Shanira si alzò, andando a chiudere l'anta dell'armadio.
"Cosa dovrei guardare?"
Shanira alzò lo sguardo, per incrociare il suo, attraverso lo specchio dell'armadio:
"Te stesso. L'uomo che sei diventato"
Si girò verso di lui:
"Quando quella nave arriverà a destinazione, io sarò a sei settimane di distanza da te. Ma tu sei già a mesi di distanza da me... Da quando Gladia..."
"Non voglio parlare di lei - ribatté Shivhek.
"Non ne hai mai voluto parlare - disse lei - Puoi continuare a reprimere il suo ricordo. Puoi respingere il pensiero, puoi evitare di pronunciare il suo nome. Ma in qualche modo, Gladia è dentro di te... E ti ha cambiato."
"Non è vero" - disse Shivhek.
Shanira alzò le spalle:
"Come vedi, era inutile parlarne - disse, sospirando. Andò a raccogliere il beauty case ed a prendere la valigia dal letto, fermandosi a contrassegnarla:
"Ti accompagno all'imbarco?" - mormorò Shivhek.
"Non è necessario - disse Shanira, senza voltarsi - Conosco la strada"
I tacchi delle sue scarpe risuonarono sull'impiantito, quindi Shivhek udì l'aprirsi e chiudersi della porta dell'alloggio.

Deep Space 16 - Sala riunioni - Presente

"Vuole spiegarsi meglio, ambasciatore? - disse il capitano Spini - Non mi sembra che le navi che si trovano al di là del tunnel spaziale siano lì a seguito di un accordo con gli alleati, vero?"
"No. Almeno, non per il momento" - Lamak si sporse sulla poltrona, cercando di incontrare gli sguardi dei tre - "Ma sono qui appunto per trovare un accordo"
"Che tipo di accordo?" - grugnì K'ooD.
"Il suo governo sarebbe disposto a ritirare le navi se vi aiutassimo a cercare i superstiti?" - domandò Sherja Spini.
"Non possiamo ritirare le navi da dove si trovano - rispose il romulano - Non in questo momento, almeno. Siamo in guerra con chiunque abbia distrutto la nostra colonia. E se gli aggressori decidessero di continuare la guerra? Siamo stati colti impreparati già una volta. Non accadrà una seconda" - si interruppe un istante, prima di calare l'asso:
"Tuttavia..."
T'Lani aggrottò le sopracciglia:
"Tuttavia...?"
"Tuttavia, non abbiamo intenzione di proseguire una guerra, se non è strettamente necessario. E potrebbe, sottolineo potrebbe, essere considerato dal mio governo un atto di buona volontà se gli aggressori della colonia decidessero di riconsegnare i superstiti."
"Continua, romulano!" - sibilò K'ooD.
T'Lani gli pose una mano sul braccio, attirando l'attenzione del Klingon:
"Credo di aver capito, ambasciatore... Il nostro amico Lamak ci sta chiedendo di offrirci come mediatori nella crisi"
K'ooD si girò di nuovo verso il romulano, osservandolo con attenzione, quindi inaspettatamente rise:
"Ma certo! Molto astuto, ambasciatore... Se la nostra mediazione dovesse avere successo, voi avreste i superstiti. E anche qualcosa come risarcimento per danni di guerra. Mentre se, come è probabile, la mediazione dovesse fallire, noi alleati saremmo comunque coinvolti nel conflitto, vero?"
Lamak si limitò a rilassare la schiena sulla poltrona, senza rispondere. Sapeva quello che stava pensando il klingon: se la mediazione avesse avuto successo, non sarebbe cambiato niente: le navi militari romulane avrebbero continuato a non avere libero accesso a questo Quadrante. Se invece non avesse avuto successo, gli alleati sarebbero stati coinvolti nel conflitto e questo avrebbe portato anche le forze militari klingon nel Quadrante. Gli unici a perdere sarebbero stati i federali, che, a questo punto avrebbero invece avuto tutto da guadagnare da un successo nella mediazione. O da una vittoria personale nella guerra, prima e senza che le navi alleate arrivassero nella zona.
"Ho solo un piccolo appunto da fare..." - intervenne il capitano Spini.
"Sarebbe?"
Il capitano accennò allo schermo:
"In tutta la ricostruzione, non ho visto un solo elemento che mi dicesse chi era stato ad aggredire la colonia. Lei sa a quale porta dobbiamo andare a bussare per richiedere indietro i superstiti dell'attacco, Lamak?"
"Credo di sì"
Le punte delle dita di T'Lani si congiunsero di fronte alle labbra:
"Chi, allora?" - pronunciò, con voce esangue.
"Il contingente a protezione della colonia era piccolo... Inadeguato, evidentemente - iniziò Lamak - Ma questo non vuol dire che non ci sia stata una resistenza... Eroica, considerato le forze che abbiamo calcolato devono aver attaccato la colonia" - si fermò per cogliere una luce di riconoscimento negli occhi del klingon, quindi proseguì:
"C'erano dei cadaveri. Altri cadaveri, intendo: persone che non facevano parte del personale della colonia scientifica." - afferrò di nuovo il telecomando dello schermo centrale:
"Ve li faccio vedere. Computer, abbassare le luci del settanta per cento"
Lo schermo si illuminò. Lamak scelse una cartella dal menu, quindi premette il telecomando. L'immagine si precisò, mostrando il corpo disteso di un corpo umanoide bruciato a metà, disteso sul pavimento della roccia. L'olocamera aggirò il corpo, andando a inquadrare il volto circondato da creste parallele che si staccavano dalle arcate delle sopracciglia per salire e confondersi fra i capelli.
Nel silenzio, Lamak udì la voce del capitano Spini:
"Ma... Quello è un kroger!"
"Uriani - confermò Lamak - Sono stati loro"

Deep Space 16 Gamma - Ufficio del consigliere Xar - Tempo presente

"Sua moglie le ha fatto avere la richiesta di divorzio?" - domandò il consigliere Xar.
"No. Non ancora, almeno - rispose il comandante Shivhek - In realtà, non mi aspetto molto presto sue notizie. A quest'ora, lei si trova all'incirca a metà del viaggio."
Shanja non perse tempo a studiare il volto del vulcaniano. Sapeva che in ogni caso lui avrebbe represso qualsiasi emozione. Ed era inutile chiedere a lui come si sentisse: non avrebbe nemmeno capito la domanda.
"Perché è venuto da me adesso?" - chiese infine.
Shivhek sollevò lo sguardo:
"Se non erro, il suo lavoro è quello di consigliare ed aiutare il personale" -
"Non stiamo parlando di me, in questo momento - rispose Shanja - Stiamo parlando di lei. Tre settimane fa, sua moglie ha deciso di lasciarla. Non mi avrebbe sorpreso vederla arrivare qui da me tre settimane fa. O anche due settimane fa. Perché è venuto nel mio ufficio solo adesso?"
"Comprendo. E' il mio ritardo nel presentarmi a rapporto da lei a turbarla"
"Non sono turbata" - fece Shanja - "Sono sorpresa. Anche di trovarla sulla difensiva, in realtà"
"Difensiva...?" - Shivhek rifletté un istante - "Si, immagino che possa essere considerata in questo modo la mia reazione. Deve capire che un vulcaniano non è abituato ad offrire ad estranei parti della sua esistenza"
Shanja decise di lasciar cadere l'argomento. Doveva stabilire un contatto, e non ci sarebbe riuscita se Shivhek si fosse rinchiuso dentro la sua impassibilità vulcaniana.
"Va bene - concesse - Ma adesso torniamo alla domanda che le ho ho fatto prima: perché è venuto da me adesso?"
Shivhek si morse le labbra. Prese qualche secondo prima di rispondere:
"Io... Ho usato la meditazione - rispose - Ho meditato a lungo, in queste tre settimane. Molto più di quanto non avessi fatto in tutto lo scorso anno"
"Su sua moglie? Ed il risultato...?" - l'incoraggiò Shanja.
"Non su mia moglie. Su qualcosa che lei mi ha detto, prima di andare via - esitò - Mi ha detto che lei era ancora dentro di me. -
"Lei? Shanira?"
"No...- esitò - ...Gladia"
"Gladia?" - Shanja si smarrì per un istante, quindi comprese:
"Nel mio lavoro, comandante, è considerato un errore cercare di reprimere i ricordi, per quanto dolorosi possano essere, perché in un modo o nell'altro riaffiorano."
Sul volto del vulcaniano comparve un'ombra, talmente rapida che Shanja pensò di averla immaginata.
"E' questo che è successo, vero?"
"Si. Ho fatto tutto il possibile per reprimere i ricordi su di lei. Su Gladia. Non posso negare che nutrivo vergogna per la febbre del sangue che mi aveva colto all'improvviso e... Per il mio comportamento conseguente"
"Nessun vulcaniano ha responsabilità quando si trova nel plak tow. Per di più, si è trattato di un fenomeno indotto dai ferormoni di Gladia"
Shivhek scosse la testa:
"E' quanto mi sono ripetuto per molto tempo... - rispose - Ma tutto sommato, non ha importanza. Il vero problema, è che, nonostante l'uso delle tecniche di soppressione, non riesco ad avere ragione del suo ricordo"
"Mi parli di lei, allora" - Shanja si distese più comodamente sulla poltrona.
Shivhek parve riflettere:
"A volte mi sembra di avvertire una sorta di profumo, che riconosco come il suo. Quando medito, per quanto cerchi di orientare il pensiero, all'improvviso di fronte a me vedo volti di persone che sono sicuro di non aver mai incontrato in vita mia, e che tuttavia... So di conoscere. Per questo, nell'ultimo anno avevo dedicato sempre meno tempo alla meditazione."
"Ha detto che nelle ultime tre settimane ha meditato molto - disse la trill - Si è presentato il ricordo di Gladia?"
"Sempre. Ogni volta. - rispose lui - Non sempre si tratta di persone. A volte sono luoghi. Un giardino con delle statue, ai cui piedi sono state poste delle offerte e dei fiori profumati. Il sole che filtra tra i rami di un albero antico. Avverto il profumo di quei fiori, il calore del sole, e so che è estate. Allora interrompo la meditazione, cerco di riprendere il controllo e di orientare i miei pensieri ad altro... Ma il giardino riappare, con tutti i suoi profumi."
"Quello che mi sta raccontando, assomiglia a qualcosa che conosco molto bene"
Shivhek parve confuso:
"Cosa?"
"Sono una trill congiunta, comandante - Shanja passò una mano sul proprio ventre, dove sentiva muoversi il simbionte - Dentro di me, ho i ricordi di vite che contemporaneamente sono e non sono la mia"
"Comprendo. Ma io non sono un trill"
"I vulcaniani hanno qualcosa di molto simile nella loro cultura"
"Lei pensa che io abbia dentro di me il kadra di Gladia? - domandò l'ingegnere - Ma Gladia non era vulcaniana"
"Ci sono stati nella storia casi di kadra conservato in ospiti alieni, comandante - obiettò Shanja - Ma questo non ha importanza. In realtà non sappiamo molto della razza di Gladia. Sappiamo però che è stata in grado di effettuare una fusione mentale con lei. E' possibile che quello che lei ha dentro di sé sia conseguenza di quella fusione. Lei condividerebbe quindi solo i ricordi di Gladia, non la sua intera anima, come avviene nel kadra dei vulcaniani o nel rapporto simbiotico trill"
Nella stanza si udì un cicalino. Shanja lo ignorò, aggrottando la fronte.
"Qualcuno la sta chiamando, consigliere?" - accennò Shivhek.
"Niente e nessuno deve disturbare una seduta" - rispose lei. Il cicalino suonò un'altra volta. Controllò l'ora:
"Ma vedo che abbiamo finito, per oggi" - aggiunse - "Comandante, vorrei che tornasse qui nel mio studio martedì prossimo alla stessa ora. Vorrei inoltre che mi scrivesse in un dipad tutti i ricordi che associa a Gladia. Me li consegnerà martedì, d'accordo?"
Shivhek assentì lentamente, alzandosi dalla poltrona. Il cicalino suonò ancora, insistente. Shanja si alzò, seccata, andando alla porta.
Si trovò di fronte il tenente Riccardi:
"Tenente, sono sicura che deve dirmi qualcosa di importante, ma quando ho una seduta non posso essere disturbata da nessuno, nemmeno dal capo della sicurezza"
Riccardi alzò lo sguardo per accennare un saluto guardingo in direzione del comandante Shivhek, quindi tornò alla trill:
"Mi dispiace comandante, ma sarà meglio che venga con me"
"Con lei?"
"Nelle celle della sicurezza. C'è qualcuno che vuole parlare con lei e sembra che non possa aspettare che lei finisca le sue sedute"
Shanja lo guardò sconcertata. Si scostò per lasciar passare il capo ingegnere, quindi domandò:
"Di chi si tratta?"
"E' un trill. Il suo nome è Kiro Ayn."


Da qualche parte nel Quadrante Gamma - Presente

Doveva respirare. Doveva respirare. Il cuore gli batteva all'impazzata, cercando disperatamente aria nella carotide stretta dal dolore.
La pressione si allentò. Jekal sentì che lo stavano rimettendo in posizione. Spalancò la bocca, afferrando l'aria a sorsi. Tutto il suo corpo gli mandava segnali di dolore attraverso un ottundimento che non riusciva a trasformarsi in perdita di sensi. Ormai lo sapeva, avrebbero lasciato che respirasse quel tanto da non ucciderlo - da non permettersi di ucciderlo - quindi avrebbero ricominciato a soffocarlo, facendogli domande che non avevano senso.
"Chi sei, piccolo bastardo?"
Jekal non poteva ancora rispondere. Il colpo sul viso gli fece sbattere la testa all'indietro.
"Erei Danyt - pronunciò, a fatica - Comandavo la sicurezza della Base Scientifica" C'era del liquido caldo sulla sua fronte. Forse era sangue. Attraverso un velo verde, inquadrò a fatica l'uomo che gli parlava. Un uomo piccolo, quasi privo di capelli, con l'aspetto rotondo e tracagnotto di un burocrate di bassa levatura.
"Perché menti, piccolo bastardo?" - la voce del suo torturatore era bassa e dolce, priva di rabbia. Aveva imparato a conoscerla, quella voce. Non era un pazzo sadico, quell'uomo. A quest'ora si sarebbe stancato, se lo fosse stato.
"Erei Danyt. Erei Danyt. Non c'è altro. Non sono altro. Non c'era altro in quella dannata colonia!"
"Voi. Avete. Disperso. Il Branco. Voi stavate attentando alla nostra purezza"
Jekal avrebbe voluto avere ancora la forza di ridere, per ridere in faccia a quel piccolo stolido burocrate, per sputargli addosso. Purezza, ma quale purezza!
Una mano gli afferrò i capelli, lo costrinse ad alzare la testa. L'omino rotondo gli stava soffiando in faccia il suo mefitico fiato, talmente vicino che lui non riusciva a capire che cosa stava dicendo. Tutto gli arrivava attraversando un lungo tunnel fatto di dolore. Sentì qualcosa colpirlo ancora e miracolosamente svenne.

Deep Space 16 Gamma - Sezione sicurezza - Tempo presente

"Ayn? - domandò Shanja, sconcertata - Ayn, sei tu?"
L'uomo nella cella si alzò, avvicinandosi al campo di forze. Lei lo studiò per un istante. A prima vista, sembrava appena un ragazzo, pensò Shanja guardando le efelidi rossicce che maculavano la fronte e le guance dell'uomo. I capelli erano biondi, di un biondo chiarissimo, un po' lunghi sul collo. Gli occhi erano verdi e brillanti, incisi in un volto pallido e nervoso.
"Xar! - esclamò lui - Quanto tempo!"
Il tenente Riccardi era rimasto in fondo al corridoio delle celle. Shanja si accorse che la stava fissando con lo sguardo diffidente.
"Come conosce quest'uomo, comandante Xar?" - domandò Riccardi.
"Scommetto che non capisce - fece Ayn dalla cella - Alzò le mani con fare studiato:
"Giuro che non è perché la ritenga poco intelligente. E' solo che lei è umano, e gli umani in genere trovano complicato capire la cultura trill"
"Le spiego io - intervenne Shanja - Quest'uomo è un trill congiunto, come lo sono io, tenente. Ayn è il simbionte che si trovava precedentemente in Oda Ayn"
"E Oda Ayn sarebbe...?"
"E' stata la moglie di Marab Xar. Un precedente ospite del mio simbionte"
"Un ospite che era anche un avvocato - precisò Kiro, chinando il capo - Sa il cielo se in questo momento non avrei bisogno proprio di lui"
"Non mi sembra particolarmente difficile da capire. In altre parole, i vostri simbionti sono stati sposati, in una delle vostre precedenti vite, giusto?"
"Giusto! - rise Kiro - "Punto per lei, tenente! In genere, ci vuole molto di più per far capire cose del genere a persone della sua razza"
Riccardi gli vibrò un'occhiataccia, quindi si rivolse al consigliere:
"In quanto moglie o ex moglie del trill, lei può chiedere un colloquio. Il colloquio sarà tuttavia registrato dalle olocamere del servizio di sicurezza. Lo vuole?"
Shanja assentì nervosamente, quindi aspettò che Riccardi avesse riguadagnato l'uscita del corridoio delle celle prima di rivolgersi di nuovo all'uomo oltre il campo di forze.
Shanja guardò l'uomo al di là del campo di forza:
"Qual è l'accusa? Perché ti trovi qui dentro?"
"Sono innocente! - sogghignò - No, immagino che questa sia proprio la parola da non usare in queste circostanze. Ma purtroppo è vero, sono davvero innocente..."
Shanja si stava irritando:
"Di cosa? Innocente di cosa?"
Kiro sospirò e tornò serio:
"Contrabbando d'armi. Io sono capitano di una nave commerciale. La mia nave si chiama La Seconda Stella. Avevamo attraccato da poco qui su Deep Space 16: uno scalo tecnico in direzione del pianeta degli Wadi, quando ci è arrivata addosso la sicurezza, dicendo che ad un controllo di routine è stata trovata della merce di contrabbando."
"Armi?"
"Non ne so niente! - esclamò Kiro - Tutto quello che so è che quel comandante Riccardi mi ha sbattuto qui dentro senza permettermi di andare a guardare di che diavolo si trattava. Non so niente di nessuna arma. Le sole armi a bordo sono quelle regolarmente denunciate all'albo della navigazione commerciale, per la lotta contro la pirateria."
"Che cosa trasporta la tua nave?"
"Componentistica da costruzione. Il carico proviene dal Quadrante Alfa, ed è stato già ispezionato per due volte. Una alla partenza, e la seconda durante la navigazione, quando siamo stati abbordati da una vedetta federale. E' tutto inciso nei diari di bordo. Non so niente di nessuna arma!"
Shanja non commentò.
"Come sapevi che io ero qui?"
L'uomo sorrise. Shanja si accorse che alcune piccole rughe increspavano i lati degli occhi dell'uomo, dandogli un aspetto più maturo di quello che sembrava a prima vista.
"In realtà, lo so da molto tempo. - confessò lui, piano - Siamo stati sposati... Ma è stato molto tempo fa. Non mi sarei mai permesso di invadere la tua vita se non mi fossi trovato in questa situazione. Adesso ho bisogno di te..."
"Non sono più un avvocato, Ayn - disse lei - Sono un consigliere"
L'uomo la guardò supplichevole.
"Vedrò quello che posso fare - cedette lei - Quantomeno, posso chiamarti un avvocato. Vedere che prove ha il capo della sicurezza per arrestarti"
"Grazie"
Shanja assentì:
"Non ho ancora fatto niente."
"E' già qualcosa che tu mi abbia concesso il tuo interessamento" - rispose lui. Shanja gli fece un cenno di saluto, quindi si girò verso il corridoio delle celle.
"Xar!" - la richiamò Kiro. Lei si voltò - Tornerai a trovarmi?"
"Certo" - rispose, chiudendosi la porta alle spalle.
Non la sorprese trovarsi di fronte la figura solida del tenente Riccardi.
"Ho sentito" - disse lui.
"Perché ha arrestato Ayn?" - domandò la trill.
"E' il capitano di quella nave - rispose lui - Ho arrestato anche gli altri membri dell'equipaggio. Tutti si proclamano innocenti. Ma quelle armi non si sono caricate da sole a bordo della Seconda Stella. Le vuole vedere, consigliere?"
"Se può mostrarmele"
"Si trovano ancora a bordo della nave. Ho messo degli uomini di guardia. Venga con me"
Shanja seguì l'uomo, che si incamminò velocemente lungo i corridoi della Base. Dopo qualche minuto, raggiunsero l'attracco 9. Due uomini della sicurezza si irrigidirono e fecero il saluto vedendo arrivare il tenente, che li salutò a sua volta con un breve cenno. Infilarono il gancio d'attracco e salirono a bordo della nave.
La trill si accorse che la nave brulicava di personale della sicurezza. Alcuni passavano e ripassavano con tricorder lungo le paratie, sui pavimenti e sui tetti della nave, alla ricerca di scomparti nascosti. Altri controllavano le consolle di navigazione, scaricavano i diari ed esaminavano i programmi.
Riccardi si fermò di fronte ad una ragazza, una bajoriana che alzando lo sguardo dalla consolle di comando fece tintinnare i ciondoli del suo orecchino:
"Trovato niente, guardiamarina Marren?"
"Niente di interessante, finora, signor tenente - rispose la ragazza, scrollando le spalle - A parte quello che abbiamo trovato nella stiva"
"Scendo laggiù con il comandante Xar" - le disse, quindi si voltò verso Shanja accertandosi che lo seguisse.
Shanja infilò la botola, scivolando sui gradini di metallo della scaletta, quindi si inoltrò nei ponti inferiori della nave, raggiungendo il capo della sicurezza alla porta della stiva.
Gli uomini della sicurezza erano anche lì. Sembrava che la perquisizione stesse avvenendo spaccando letteralmente ogni contenitore. Il fracasso rimbombava nella sala. La trill si premette le dita sulle orecchie.
"Le armi erano nel contenitore numero trenta" - urlò Riccardi per darsi udire sopra il frastuono, indicandole una cassa aperta al centro della stiva. Scese, schivando gli uomini, e andò a pescare qualcosa all'interno.
Shanja si avvicinò, quindi spalancò gli occhi, fissando l'oggetto che Riccardi aveva in mano. Ne aveva visto uno simile soltanto una volta, ma lo ricordava bene, come ricordava bene la distruzione che quell'oggetto solo per un soffio non aveva causato alla sua Base. Il tenente accennò all'interno della cassa, dove, in bell'ordine, avvolti in plastica trasparente, giacevano gli uni sopra gli altri centinaia di oggetti tutti uguali. Li riconosceva, e riconoscendoli ne articolò il nome.
"TOBER!"