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USS RAZIEL - MISSIONE 15 RSS USS RAZIEL - Missione 15

15.08 "RITIRATA STRATEGICA"

di Francis "Frank" Moses, Pubblicato il 14-07-2025

Pianeta Orione - Città di Cadel
Quartiere a luci rosse - Vicoli
28/08/2404 - ore 23:55


Il vicolo sembrava inghiottito da una nebbia artificiale, mescolata a polveri tossiche e vapori di condensa. Ogni passo produceva un suono sordo, rimbombante sui muri stretti e scrostati.
Elaina camminava accanto a Wood, con una mano sul fianco e l'altra pronta a muoversi, ogni muscolo in tensione.
Non correvano. Correre avrebbe attirato attenzione. Ma il passo era troppo veloce per essere una camminata normale.
Era fuga sotto controllo. E il controllo stava svanendo.
Wood osservava il tricorder, serrando le labbra. "Stanno usando interferenze attive. Le scansioni a corto raggio sono disturbate. Non riesco a distinguere pattuglie da passanti."
"Ogni secondo che perdiamo, ci allontana dagli altri" rispose Elaina, il tono basso ma carico "E ci avvicina a quelli che ci stanno cercando."
"Oppure entrambi," mormorò lui.
Svoltarono in un vicolo laterale, più angusto degli altri, poco più che un passaggio tecnico tra due edifici industriali. Pensavano di aver guadagnato un momento di tregua, ma si sbagliavano.
Due figure comparvero all'improvviso dall'uscita opposta: uniformi cittadine, giubbotti tecnici, lo sguardo deciso di chi sa cosa cercare.
I due agenti non estrassero armi. Non ce n'era bisogno. Bastava il tono della voce. "Fermi. Niente movimenti bruschi."
Wood sollevò le mani, imitando Elaina.
I loro volti erano nascosti da maschere leggere e abiti civili, ma gli occhi degli agenti tradivano sospetto. Forse avevano già ricevuto descrizioni. Forse li stavano solo testando. Uno dei due fece un passo avanti, sollevando un dispositivo da scansione palmare.
"Credo sia il momento di... negoziare," sussurrò Wood, tendendo appena il braccio.
Non ci fu tempo.
Dal lato cieco del vicolo, alle spalle degli agenti, una figura emerse in silenzio.
Moses non aveva la grazia di un infiltratore addestrato, ma ogni movimento era carico di efficienza e peso. Afferrò il primo con un braccio al collo e lo spinse contro il muro con forza calcolata, disarmandolo con un movimento fluido e silenzioso.
Il secondo fece per voltarsi, ma fu colpito con una spinta secca al torace che lo fece barcollare. Moses lo bloccò al volo con un braccio dietro la schiena e lo spinse in ginocchio.
"Due secondi in più, e vi avrebbero chiusi in un contenitore," disse, la voce roca e tagliente come una lametta.
Elaina abbassò le mani, il cuore ancora in gola. "Sapevamo dove andare, ma non chi ci aspettava."
Moses lasciò i due uomini storditi a terra, senza ferite serie. Li legò con fascette rapide che tirò fuori da una tasca interna, poi li sistemò dietro un cassone. "Nessun allarme, nessun rumore. Li troveranno tra mezz'ora. E per allora saremo molto lontani."
Wood si avvicinò, recuperando il suo respiro. "Pensavamo di averti perso nella calca due vie fa, hai seguito le nostre tracce?"
"Tracce? Mi hai preso per un cane da tartufi? Mmpf!" rispose Moses mentre li spingeva verso una nuova uscita. "Non vi ho mai persi di vista..."
Non corsero, ma si mossero con decisione. Moses apriva la strada come un segugio veterano in territorio ostile. I vicoli cambiavano volto a ogni curva: container accatastati, porte di servizio, passaggi tecnici dimenticati. Nessuna via era sicura, ma Moses sembrava conoscerle tutte. Non chiese nulla, non si voltò. Solo avanzò, sempre avanti.
Dopo qualche minuto, Wood ruppe il silenzio. "Dobbiamo smettere di pensare che questa città si comporti come le altre. Qui, anche il pavimento ti ascolta."
"Lo so," rispose Moses. "E peggio ancora, ricorda."
Elaina sentì una fitta sotto lo sterno. Non era solo stanchezza. Era la consapevolezza che tutto, in quella città, era diventato personale. La bomba, gli omicidi, l'inseguimento. Non erano più eventi. Erano messaggi. E qualcuno stava firmando ogni colpo.
Quando imboccarono finalmente l'ultima svolta verso la casa sicura, Moses si fermò un istante, puntando lo sguardo oltre un cancello elettronico appena visibile tra due vecchie tubature.
"Ultima curva," disse. "Poi ci chiudiamo dentro e iniziamo a fare domande serie."
Elaina annuì. Non lo disse, ma era d'accordo: la fuga era finita. Ora cominciava la risposta.

Pianeta Orione - Città di Cadel
Quartiere a luci rosse - Vicoli
28/08/2404 - nello stesso momento


Le luci intermittenti delle insegne proiettavano ombre spezzate sulle pozzanghere d'olio, deformando i contorni dei vicoli come se la città stessa volesse inghiottire ogni cosa.
Cadel non era più solo un nodo commerciale grigio e corrotto: era diventata una bestia ferita, nervosa, pronta a reagire con violenza cieca.
T'Pak avanzava con passo preciso, gli occhi vigili che scandagliavano ogni angolo del percorso. La mezza Vulcaniana, sotto la pesante giacca civile, conservava la stessa compostezza inossidabile di sempre, ma Sarah Mendel — che la seguiva a passo rapido — conosceva abbastanza bene quella rigidità da capire che sotto c'era tensione.
"Abbiamo superato il nodo di scansione a sud," disse Sarah, senza rallentare. "Per ora, non ci hanno individuate."
"La possibilità che ci stiano monitorando passivamente resta alta. Le emissioni subspaziali sono troppo pulite per un blackout reale," rispose T'Pak con la solita neutralità. Aveva una strana capacità di far sembrare ogni valutazione una sentenza.
Sarah annuì, poi si chinò brevemente sul dispositivo infilato nel guanto sinistro. "C'è un checkpoint mobile a due blocchi. Possiamo evitarlo se tagliamo tra i serbatoi idraulici, ma ci serve una disattivazione locale. E serve in fretta."
"Non sarà necessario," intervenne una voce alle loro spalle.
T'Pak si voltò di scatto, pronta a reagire, ma si fermò quando riconobbe la sagoma di Tars che emergeva dal buio con passo felpato. L'incursore aveva gli occhi lucidi e attenti, e sul viso la stessa calma imperturbabile del capo della sicurezza, ma senza la freddezza Vulcaniana.
"Rilevato un cambio d'itinerario imprevisto. Siete finite troppo vicino a una delle zone calde. Josel è di copertura all'incrocio sud. Io ho pensato che avreste avuto bisogno di uno chaperon."
"Osservazione corretta" disse T'Pak, inclinando appena il capo. "Casa sicura?"
"Tredici minuti, se restiamo in movimento. Otto, se siamo fortunati."
"Non mi affido alla fortuna" rispose lei.
"Perfetto" replicò Tars "Allora seguitemi."
Il primo tratto fu lineare: strade secondarie, silenziose, troppo vuote per essere rassicuranti. I pannelli luminosi delle torri a energia erano stati disattivati. Sarah camminava vicino a un vecchio tubo di scarico che vibrava ancora per le scosse dell'esplosione.
Al secondo crocevia, un problema.
Un operatore isolato della sicurezza urbana, armato solo di uno scanner portatile, si trovava proprio davanti al condotto che avrebbero dovuto attraversare. Quando l'occhio della sua visiera si soffermò un secondo di troppo nella direzione dei tre fuggiaschi il tempo parve trasformarsi in melassa.
L'uomo si mosse. Non con violenza, ma con decisione. Estrasse un bastone stordente dal fianco.
Poi Tars intervenne.
Si mosse con precisione chirurgica. Nessuna corsa. Solo tre passi rapidi, una torsione del braccio, un colpo calibrato al centro della schiena per interrompere la trasmissione nervosa. L'uomo cadde senza un suono, respirando ancora. Vivo. Ma fuori gioco.
"Stabile" disse come se stesse leggendo un bollettino meteorologico.
T'Pak lo osservò per un attimo, poi annuì "Esecuzione efficiente."
Sarah non disse nulla, ma lasciò sfuggire un sospiro lento. Tars non stava solo aiutando: stava diventando un punto di riferimento.
Raggiunsero la casa sicura con un'ultima deviazione attraverso un impianto abbandonato di filtraggio atmosferico. Il silenzio era quasi assoluto, interrotto solo dai passi leggeri sulle griglie arrugginite. Davanti a loro, la botola d'ingresso si aprì con un suono profondo e controllato.
All'interno, le luci basse rivelavano lo spazio ristretto e blindato. Non era accogliente. Ma era sicuro.
Tars entrò per primo, controllando i sensori di prossimità. "Nessuna traccia di movimento ostile nei paraggi. Gli altri?"
T'Pak abbassò lo zip della giacca, osservando la stanza con occhi attenti. L'incursore di guardia alla casa rispose prontamente: "Wood, Tarev e Moses in arrivo."
Sarah si lasciò scivolare contro una parete, finalmente in grado di respirare senza contare i secondi tra un battito e l'altro.
"Sai" disse, guardando Tars con un sorriso stanco, "non sei poi male, per uno che spunta dal nulla."
Lui non rispose subito. Poi fece spallucce sorridendo. "Se vi succedeva qualcosa, avete idea di cosa mi avrebbero fatto Moses e Cortes?"
"Immagino che sia un ottimo incentivo" sorrise Sarah di rimando
T'Pak sorrise a sua volta dando una pacca sulla spalla all'incursore.

Pianeta Orione - Città di Cadel
Quartiere a luci rosse - Vicoli
28/08/2404 - nello stesso momento


Lucius Fox osservava il riflesso della sua pelle verde nella vetrina di un negozio chiuso.
Le tre pastiglie che aveva ingerito per simulare una sbronza colossale cominciavano a fare effetto, lasciandogli una sensazione di torpore e un leggero disorientamento che, considerata la situazione, era forse un bene.
La famiglia di Malice. Stava per incontrare la famiglia di Malice. Durante un'emergenza planetaria. Con la pelle colorata di verde e dei piercing che gli davano l'impressione di avere un alveare di api arrabbiate sul viso.
"È una pessima idea" mormorò tra sé e sé, biascicando le parole come farebbe un ubriaco qualsiasi, mentre tentava di ricordare l'indirizzo esatto.
Dopo essersi separato dal resto del gruppo, aveva vagato per quasi mezz'ora, lasciandosi trasportare dalla folla in fuga, spostandosi di tanto in tanto verso il quartiere orientale. Un paio di droni di sicurezza lo avevano sorvolato senza degnarlo di particolare attenzione: il suo barcollare era convincente e perfettamente in linea con uno dei tanti che avevano annegato la paura nell'alcol.
Finalmente individuò l'edificio: una costruzione di tre piani dal design vagamente contorto, tipicamente Orioniano, con balconi decorati da piante dalle foglie larghe e violacee. Secondo le indicazioni che Malice gli aveva fornito tempo prima, la famiglia Grixar occupava l'intero secondo piano.
Fox inspirò profondamente. Il cocktail chimico che gli scorreva nelle vene lo faceva sentire stranamente euforico, nonostante la situazione tutt'altro che allegra.
Le scale furono una sfida maggiore del previsto. Arrivato al secondo piano, si ritrovò davanti a una porta massiccia di metallo lavorato a mano con simboli tribali incisi che, nella sua mente offuscata, sembravano muoversi e contorcersi come serpenti.
Premette il pulsante del campanello e attese.
Passarono circa tre secondi prima che la porta si spalancasse con violenza, rivelando un Orioniano alto quasi quanto lui, ma con una massa muscolare doppia, calvo, con occhi gialli e penetranti, e tatuaggi che gli correvano lungo tutto il collo fino a scomparire sotto una tunica di tessuto metallico.
"Chi diamine sei tu?" ringhiò l'uomo con un accento Orioniano così marcato che Fox impiegò qualche istante a decifrare la frase.
"I-io sono... uhm... Fox?" rispose con voce incerta, alzando le mani in segno di resa e ricordandosi all'ultimo momento di barcollare leggermente. "Amico di Malice. Lei... mi aspetta."
L'Orioniano lo scrutò in silenzio, gli occhi che si stringevano in fessure sospettose. Fox sentì una goccia di sudore scivolare lungo la tempia verde. Il piercing sul sopracciglio pulsava dolorosamente.
"VREXOR!" urlò improvvisamente l'uomo verso l'interno dell'appartamento. "C'È UN TIZIO CHE DICE DI ESSERE AMICO DI MALICE!"
Fox sussultò, portandosi una mano all'orecchio.
"FALLO ENTRARE, GARTH! NON RESTARE IMPALATO COME UN IDIOTA!" rispose una voce femminile, autoritaria e penetrante.
Garth grugnì e si fece da parte, permettendo a Fox di entrare nell'appartamento. L'ingegnere si ritrovò in un ampio salotto straripante di oggetti che gridavano "contrabbando" a chiunque avesse un minimo di familiarità con le normative della Federazione.
Tappeti esotici, statuette provenienti chiaramente da mondi non allineati, armi cerimoniali Klingon appese alle pareti, e persino quello che sembrava un piccolo replicatore di alcol Romulano modificato.
"Scusate il... disturbo" biascicò Fox, mantenendo la sua copertura da ubriaco. "C'è un po' di panico là fuori."
"Come se non lo sapessimo" ribatté una donna anziana, seduta a capotavola di un lungo tavolo da pranzo dove almeno una dozzina di Orioniani di varie età stavano consumando quella che sembrava una cena interrotta più volte a metà.
Il fatto che fosse l'unica umana nella stanza la rendeva ancora più appariscente. "Tu sei quell'umano, vero? Quello che si scopa la nostra Malice?"
Una dozzina di paia d'occhi lo squadrarono da capo a piedi.
Fox sentì il sangue defluire dal viso, producendo probabilmente un interessante sfumatura di verde pallido.
"Io... ehm... noi siamo..."
"MADRE!" Una voce fin troppo familiare interruppe il suo balbettio. Malice apparve dalla cucina, indossando un grembiule macchiato sopra la sua solita tuta aderente, e con un mestolo in mano che brandiva come un'arma. "Ti avevo chiesto di comportarsi civilmente!"
"E io ti ho risposto che sono civilissima, come qualsiasi Oroniana!" replicò la donna anziana, puntando una forchetta verso Fox. "Ho solo fatto una domanda diretta. È o non è quello che ti scopi?"
"Non sei Oroniana!" ribatté Malice stizzita
"A stare con gli zoppi s'impara a zoppicare..." rispose la donna con un ghigno sulle labbra.
Fox sentì il pavimento ondeggiare sotto i suoi piedi, e questa volta non era colpa delle pastiglie.
"Fox!" Malice lo raggiunse in tre rapidi passi, afferrandolo per un braccio per poi bisbigliare: "Stai bene? Sembri..."
"Sbronzo," completò lui con un filo di voce ed un sorriso vacillante. "È... è la copertura. Hazyel ha pensato che..."
"Non mi interessa cosa ha pensato lui" lo interruppe lei tirandogli una mezza gomitata di avvertimento e trascinandolo verso il tavolo. "Sei al sicuro qui. Siediti, devi mangiare qualcosa."
Prima che potesse protestare, Fox fu spinto su una sedia libera, tra quello che presumeva fosse un fratello di Malice - data la somiglianza fisica - e una bambina Orioniana di circa otto anni che lo fissava con occhi spalancati.
"Sei davvero umano?" chiese la piccola, chinandosi verso di lui come per studiarlo meglio "Perché sei verde?"
"È... stato uno scherzo dei miei colleghi, mi volevano camuffare per evitare guai sul pianeta" balbettò Fox che si era dimenticato della scusa a cui aveva pensato per la sua trasformazione e cercava di ignorare il fatto che ora tutti gli occhi della tavola erano puntati su di lui.
"Non è molto convincente," commentò la bambina con brutale onestà. "Sembri più un Andoriano malato."
Qualcuno al tavolo scoppiò a ridere, e Fox si ritrovò a sorridere nervosamente.
"Trixie, comportati bene," la rimproverò Malice, posizionando davanti a Fox un piatto colmo di qualcosa che assomigliava vagamente a uno stufato viola con tentacoli. "Mangia, Fox. Quel.. ehm.. medicinale che prendi è meglio ingerirlo a stomaco pieno."
"Grazie" mormorò lui, afferrando posate che sembravano progettate per mani con sei dita anziché cinque.
Un uomo di mezza età all'altro capo del tavolo, con la stessa tonalità di verde di Malice, ma con occhi di un blu elettrico insolito per un Orioniano, si schiarì la gola rumorosamente.
"Quindi" disse con voce profonda e calma "tu saresti l'ingegnere di cui mia figlia continua a parlare."
Fox quasi si strozzò con il primo boccone di stufato "Parla di me?"
"Solo quando pensa che non la stiamo ascoltando" intervenne Garth con un ghigno "Poi si mette a dire cose tipo 'Fox è così brillante' e 'Fox ha risolto quel problema in tre secondi' e 'Fox ha delle mani così...'"
"UN'ALTRA PAROLA E TI FICCO QUESTO MESTOLO IN GOLA!" tuonò Malice, e Fox notò con stupore che le sue guance avevano assunto una sfumatura verde più scura. Stava... arrossendo?
"È sempre stata una ragazza passionale" commentò la madre con un sorriso che fece rabbrividire Fox. "Da piccola, quando si arrabbiava, tentava sempre di pugnalare i suoi fratelli con le posate."
"Solo una volta" precisò Malice con una dignità glaciale. "E Garth se l'era meritato."
"Avevo nascosto il suo orsacchiotto di peluche" spiegò Garth a Fox, come se stessero parlando del tempo. "Mi ha quasi trafitto la mano con un coltello da burro."
Fox guardò Malice con occhi spalancati. Lei si limitò a scrollare le spalle.
"Ero molto legata a quell'orsacchiotto" disse con nonchalance.
Il padre di Malice si alzò improvvisamente, facendo sobbalzare Fox sulla sedia.
"Vieni con me, ragazzo," disse, indicando una porta sul retro "Voglio mostrarti qualcosa."
Fox lanciò uno sguardo disperato a Malice, che annuì impercettibilmente. Con un sospiro rassegnato, si alzò e seguì l'uomo, cercando di non inciampare nei propri piedi.
Si ritrovarono in una sorta di studio, dove scaffali straripanti di oggetti di dubbia provenienza si alternavano a display olografici che mostravano ciò che sembravano essere rotte commerciali. L'uomo chiuse la porta alle loro spalle e si voltò verso Fox con espressione seria.
"Il mio nome è Vrexor" disse, porgendogli la mano. "E tu sei l'umano che ha rubato il cuore di mia figlia"
Fox strinse la mano dell'uomo, sentendo la presa ferrea che minacciava di stritolargli le falangi.
"Non... non direi proprio che..."
"Oh, sì invece," lo interruppe Vrexor "Malice è sempre stata una ragazza riservata. Ha preso dalla madre: dura come il tritanio all'esterno, morbida come la seta Vulcaniana all'interno. Ma solo con chi ama davvero."
L'uomo si avvicinò di un passo, invadendo lo spazio personale di Fox.
"E tu, a quanto pare, sei riuscito a farle abbassare la guardia come sua madre fece con me."
Fox deglutì rumorosamente. "Signore, le assicuro che le mie intenzioni sono..."
"Non mi interessa un accidente delle tue intenzioni," lo interruppe nuovamente Vrexor.
"Mi interessa solo che tu sappia una cosa: quella ragazza ha rischiato la vita più volte di quante tu possa immaginare. Ha fatto cose che farebbero sembrare la guerra con il Dominio un picnic per bambini. Si è infiltrata in organizzazioni che farebbero rabbrividire un Jem'Hadar. E nonostante tutto il suo cuore è rimasto integro."
L'uomo sorrise, ma era il sorriso di un predatore.
"È il mio più grande orgoglio. E se le spezzi il cuore..." Lasciò la frase in sospeso, ma il messaggio era chiarissimo.
"Non lo farei mai," rispose Fox con inaspettata fermezza, nonostante le pastiglie e la situazione surreale. "Lei è... è straordinaria."
Vrexor lo studiò per alcuni istanti, poi annuì lentamente.
"Bene," disse infine. "Ora torniamo di là prima che mia moglie inizi a raccontare della fase adolescenziale di Malice. Ci sono olografie che nemmeno io ho avuto il coraggio di guardare."
Quando rientrarono nel salotto, la scena era cambiata: la famiglia si era spostata su divani e poltrone, e Malice era visibilmente in imbarazzo mentre sua madre mostrava qualcosa su un pad.
"...e questa è Malice quando aveva sedici anni," stava dicendo la donna con evidente divertimento. "Era in una fase di ribellione. Si era tinta i capelli di rosa e aveva deciso che voleva fare la ballerina di Dabo su Ferenginar."
"MADRE!" esclamò Malice, cercando di strappare il pad dalle mani della donna. "Avevamo un accordo! Niente immagini imbarazzanti!"
"Oh, ma non sono imbarazzanti," ribatté la madre con un sorriso malizioso. "Sono adorabili. Guarda questa, Fox!" E prima che Malice potesse impedirglielo, girò il dpad verso l'ingegnere.
Fox sgranò gli occhi. L'olografia mostrava una Malice adolescente con capelli rosa shocking, truccata in modo pesante, che cercava di assumere una posa seducente davanti a uno specchio, ma l'effetto era rovinato da un'espressione di concentrazione così intensa da risultare comica.
"È... adorabile," convenne Fox, guadagnandosi un'occhiataccia da Malice.
"Tu" sibilò lei, puntandogli contro un dito accusatorio, "sei un traditore."
"Dai, sorellina," intervenne Garth, gettando un braccio attorno alle spalle di Fox. "Non prendertela. Ora Fox è di famiglia. Deve vedere tutti gli scheletri nell'armadio."
"Di famiglia?" balbettò Fox, sentendo improvvisamente le pastiglie fare un effetto eccessivo.
"Certo" confermò la madre di Malice con nonchalance. "Ci hai portato il tuo compagno durante un'emergenza planetaria. È più di quanto abbia fatto con gli ultimi tre."
"Non c'erano ultimi tre e ora io lavoro in una stazione spaziale ricordate?!" protestò Malice.
"Oh sì sì certo, 'la stazione'," rispose il padre agitando le dita come se volesse virgolettare la parola "e quel Cardassiano? Come si chiamava... Gul qualcosa?"
"Era una missione sotto copertura! Ora non lavoro più con la sicurezza! Cioè sì lavoro ancora nella sicurezza, ma alla stazione" Malice s'impappinò definitivamente, il viso ormai di un verde così scuro che sembrava quasi nero.
Fox si ritrovò a sorridere, sentendosi stranamente a suo agio in quel caos familiare, nonostante il pianeta fosse sotto attacco, nonostante fosse ricercato, nonostante tutto. C'era qualcosa di incredibilmente reale e genuino in quella famiglia di semi-criminali Orioniani.
"Ad ogni modo," intervenne Vrexor, alzando una mano per zittire tutti "abbiamo cose più importanti di cui parlare. Come, ad esempio, l'invasione della sicurezza in corso e come far uscire il verde fidanzato di mia figlia dal pianeta senza che finisca in un centro di detenzione."
Si rivolse direttamente a Fox: "Perché, credimi, ragazzo, non vuoi sapere cosa succede lì dentro."
"In realtà" disse Fox, cercando di riordinare i pensieri annebbiati, "avrei bisogno di informazioni. Tutto quello che sapete sulla situazione attuale, su chi è coinvolto, e soprattutto..." esitò un istante "se c'è un modo per contattare la mia nave senza essere intercettati."
Il fratello di Malice sorrise, mostrando una fila di denti perfettamente bianchi contro la pelle verde.
"Oh, amico" disse con un entusiasmo inquietante "sei venuto nel posto giusto. Nessuno sa aggirare i sistemi di sicurezza orioniani meglio della famiglia Grixar."
Trixie, la bambina che aveva definito Fox un Andoriano malato, saltò giù dal divano e gli si avvicinò con espressione seria.
"Ti aiuterò io" dichiarò con la sicurezza che solo un bambino può avere. "Ma devi promettermi una cosa."
Fox si chinò al suo livello, sorriso incerto sul volto. "Cosa?"
"Quando sposerai mia zia, voglio fare la damigella. E voglio un vestito viola. Odio il rosa."
Fox sentì distintamente Malice soffocare un gemito di imbarazzo alle sue spalle, mentre il resto della famiglia scoppiava in una fragorosa risata.
"Credo" disse Fox con un sorriso vacillante "che dovremo sopravvivere a questa crisi prima di pensare ai matrimoni. Ma..." lanciò un'occhiata a Malice, che lo fissava con un'espressione a metà tra l'omicida e l'amorevolmente rassegnata "il viola ti starebbe benissimo."
E mentre la famiglia Grixar iniziava a discutere animatamente su come infiltrarsi nei sistemi di sicurezza Orioniani e contattare la USS Raziel, Fox si ritrovò a pensare che forse, solo forse, non era stata una così pessima idea dopotutto.

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28/08/2404 - contemporaneamente


Hazyel si muoveva con precisione calcolata.
Ogni passo, ogni gesto, ogni movimento studiato per attirare attenzione senza apparire disperato. Nihzorr Khael doveva sembrare un uomo che aveva ragioni per nascondersi, ma non abbastanza urgenza da rinunciare alla propria dignità.
Il piano era chiaro: diventare un bersaglio troppo interessante per essere ignorato ed abbastanza pericoloso da richiedere risorse considerevoli per essere catturato.
Le strade erano un caos di corpi in movimento. Orioniani spaventati si riversavano in ogni direzione possibile, creando un perfetto velo di confusione dietro cui i suoi compagni potevano dileguarsi.
Hazyel si assicurò di passare sotto i principali nodi di sorveglianza, per poi sparire momentaneamente tra vicoli secondari, creando un pattern di movimento che sembrava deliberato.
Fu in quel momento che notò un gruppo di guardie di sicurezza che avanzava metodicamente nella sua direzione. Al comando c'era una figura familiare: Zarek.
Hazyel lo riconobbe immediatamente dalle informazioni raccolte nei giorni precedenti. Con quella cicatrice che gli attraversava metà del viso e gli occhi iniettati di sangue, era proprio il sadico ufficiale della sicurezza che gli era stato descritto. La sua reputazione lo precedeva: violento, spietato e con un forte risentimento verso chiunque mostrasse una qualsiasi forma di resistenza.
Il Risiano si fermò a metà di un incrocio affollato, facendo scivolare lentamente una mano sotto il mantello, verso l'arma nascosta nella fondina laterale. Era il momento di mettere in scena il diversivo.
Con un movimento fluido, raccolse dei calcinacci per terra e lanciò. Tre lanci precisi: non contro gli uomini, ma contro i sistemi di illuminazione sopra le loro teste. Una pioggia di scintille cadde sulla folla, intensificando il panico.
"Spiacente, ma volevo attirare la loro attenzione," mormorò Hazyel a sé stesso, mentre si godeva l'espressione di pura rabbia che si formava sul volto di Zarek.
"FERMATELO!" urlò il comandante delle guardie, puntando un dito accusatorio verso l'apparente Orioniano. "È lui! Quell'uomo è coinvolto nell'esplosione!"
Zarek si lanciò all'inseguimento, seguito da sei guardie armate. Esattamente ciò che Hazyel voleva. Più uomini assegnati a lui volevano significare meno occhi elettronici puntati sui suoi compagni.
Con un movimento aggraziato nonostante la sua mole, Hazyel si lanciò tra la folla, dirigendosi verso una zona commerciale. Saltò sopra un bancone abbandonato atterrando dall'altra parte e rovesciando scaffali carichi di mercanzie per rallentare i suoi inseguitori.
Zarek, più agile di quanto la sua corporatura lasciasse intendere, evitò gli ostacoli e si lanciò in avanti, estraendo il proprio storditore.
"Non un altro passo o faccio fuoco!" minacciò l'ufficiale puntando il bastone che all'occorrenza poteva lanciare un dardo elettrico.
Hazyel si voltò lentamente, un sorriso provocatorio sulle labbra. "Non credo che il tuo superiore sarebbe felice di ricevere un cadavere anziché un prigioniero con informazioni."
"Chi ha parlato di ucciderti?" ringhiò Zarek. "Questo è impostato su stordimento. Ti voglio cosciente per ciò che verrà dopo."
"Impressionante," replicò Hazyel, la voce calma malgrado la situazione. "E hai bisogno di sei uomini per catturare un solo individuo? Non mi sorprende che la sicurezza su Orione sia considerata... inefficiente."
Il volto di Zarek si contorse in una smorfia di rabbia. Era il tipo di uomo che non tollerava le provocazioni, esattamente come Hazyel aveva previsto.
"Prendetelo!" ordinò Zarek ai suoi uomini che intanto avevano aggirato il fuggitivo.
Due guardie si avvicinarono da entrambi i lati. Hazyel attese il momento perfetto, poi scattò con una velocità sorprendente. Il primo colpo, un gancio preciso sotto lo sterno, mandò il primo aggressore a terra senza fiato. Il secondo ricevette una combinazione di colpi che lo lasciò barcollante contro una colonna.
Zarek osservò con crescente frustrazione, ma anche con una certa ammirazione professionale. Quest'uomo non era un comune criminale.
"Chi diavolo sei?" domandò mentre le altre guardie formavano un semicerchio attorno all'obiettivo.
"Nihzorr Khael, a tuo servizio," rispose Hazyel con un leggero inchino teatrale. "E avrei potuto essere il vostro migliore amico in altre circostanze."
Mentre parlava, Hazyel calcolava le distanze, valutava le opzioni. Doveva resistere abbastanza a lungo da permettere ai compagni di raggiungere il punto di estrazione, ma non così a lungo da rischiare di essere ucciso sul posto.
Con un movimento improvviso, si lanciò contro altre due guardie. Il primo ricevette un calcio al ginocchio che lo fece crollare urlando. Il secondo parò il colpo successivo, ma non si aspettava la testata che seguì immediatamente dopo.
Zarek, vedendo metà della sua squadra a terra, caricò personalmente. Era più forte di quanto Hazel avesse calcolato. Il pugno che gli arrivò al fianco quasi gli spezzò una costola.
"Non male per un burocrate" ansimò Hazyel, rispondendo con una serie di colpi rapidi che Zarek bloccò solo parzialmente.
I due si studiarono per un istante, circondati dal caos della folla in fuga e dalle restanti guardie che osservavano, incerte se intervenire nella lotta tra il loro capo e questo strano avversario.
"Sei addestrato" constatò Zarek, asciugandosi un rivolo di sangue dal labbro. "Militare? O forse sicurezza privata per qualche famiglia importante?"
"Un uomo deve mantenere qualche segreto" rispose Hazyel. "Altrimenti che valore avrebbe durante un interrogatorio?"
La provocazione colpì nel segno. Zarek caricò nuovamente, ma questa volta Hazyel era pronto. Con un movimento fluido, sfruttò lo slancio dell'avversario per proiettarlo contro una vetrina. Il fragore di vetri infranti risuonò nell'aria già carica di tensione.
Ma la vittoria fu di breve durata. Un ronzio familiare attirò l'attenzione di Hazyel: i droni di sicurezza avevano finalmente localizzato la loro posizione. Ne contò almeno otto, che scendevano in formazione circolare, chiudendo ogni via di fuga.
"Fine dei giochi, Nihzorr Khael" disse Zarek rialzandosi tra i vetri rotti, un sorriso sanguinolento sul volto tumefatto. "O chiunque tu sia veramente."
Hazyel valutò rapidamente la situazione. I suoi compagni avevano avuto abbastanza tempo? Probabilmente sì. Era riuscito a creare una distrazione sufficientemente ampia e rumorosa da permettere loro di allontanarsi senza essere notati.
I droni puntarono i loro fasci luminosi su di lui, mentre Zarek si avvicinava con lo storditore puntato.
"Le mani dove posso vederle," ordinò l'ufficiale.
Con lentezza studiata, Hazyel alzò le mani. "A quanto pare hai vinto questo round."
"Non è un gioco," ribatté Zarek asciutto.
"Oh, ti sorprenderesti di quanto la vita sia invece esattamente questo" replicò Hazyel con un sorriso enigmatico.
Prima che potesse dire altro, uno dei droni emise un impulso di energia che lo avvolse in un campo di contenimento. La sensazione era simile a essere immersi in melassa: ogni movimento diventava faticoso e rallentato.
"Campo di stasi temporanea" spiegò Zarek con malcelata soddisfazione. "Perfetto per i soggetti particolarmente combattivi."
Hazyel mantenne un'espressione neutra mentre sentiva il suo corpo diventare sempre più pesante. Il campo di stasi non era letale, ma rendeva qualsiasi tentativo di fuga praticamente impossibile.
"Teletrasporto pronto" comunicò una delle guardie rimaste in piedi.
L'ultimo pensiero di Hazyel, prima che il raggio del teletrasporto lo disintegrasse momentaneamente per ricomporlo altrove, fu rivolto ai suoi compagni. Sperava che fossero riusciti a mettersi in salvo.
Un istante dopo, il mondo attorno a lui scomparve in una cascata di particelle luminose.

Pianeta Orione
Stazione Orbitale Tau-7
Cella di contenimento 17-B
29/08/2404 - 01:32


La cella era esattamente come se l'era immaginata: un cubo di tre metri per lato, pareti di duracciaio grigio opaco, una brandina ancorata a una parete e un impianto sanitario essenziale in un angolo.
L'unica concessione al comfort era un sistema di ventilazione per mantenere l'aria respirabile.
Hazyel era seduto sul bordo della brandina, osservando il proprio riflesso distorto sulla superficie lucidata della parete di fronte.
Il labbro spaccato ed un ematoma sotto l'occhio destro erano i segni più evidenti dello scontro con Zarek, ma nulla che non sarebbe guarito in pochi giorni.
L'interrogatorio preliminare era stato sorprendentemente breve.
Zarek sembrava quasi deluso quando gli avevano ordinato di limitarsi alle domande standard e di consegnare il prigioniero alle celle orbitali senza "trattamenti speciali".
Qualcuno ai piani alti era interessato a lui.
Il sibilo della porta automatica interruppe le sue riflessioni. Hazyel si alzò lentamente, preparandosi mentalmente all'interrogatorio vero e proprio. Ma non fu Zarek ad entrare.
La figura che varcò la soglia emanava un'aura di autorità naturale.
Alta, dalla pelle verde smeraldo caratteristica degli Orioniani, con lunghi capelli corvini raccolti in una complessa treccia che scendeva lungo la schiena. L'uniforme della sicurezza orbitale, di un grigio antracite con inserti color rame, ne esaltava le forme sinuose senza compromettere l'aspetto professionale.
Hazyel riconobbe immediatamente quella che doveva essere la responsabile della sicurezza.
"Nihzorr Khael" pronunciò lei, la voce melodiosa ma ferma "O almeno, è così che ti fai chiamare."
Hazyel si inchinò leggermente, mantenendo gli occhi fissi nei suoi. "Il mio nome sembra essere l'unica certezza che ho in questo momento."
Un lieve sorriso increspò le labbra di Alera.
"Siediti" ordinò, indicando la brandina.
Hazyel obbedì, osservando con attenzione i movimenti fluidi della donna mentre attivava un pannello a ologrammi nascosto nella parete. Una sedia emerse dal pavimento e lei si accomodò con grazia studiata, inclinando leggermente il capo.
"Sei stato molto impegnato nelle ultime ore," commentò, scorrendo le immagini olografiche che mostravano la sua cattura "Sei riuscito a mandare tre uomini di Zarek in infermeria prima di essere immobilizzato. Impressionante."
"Un semplice malinteso" rispose Hazyel con un'espressione innocente. "Loro volevano catturarmi, io preferivo restare libero."
Alera lo studiò con uno sguardo penetrante "Di solito non mi occupo personalmente dei prigionieri, ma tu... tu sei un caso interessante."
"Mi lusinga la tua attenzione" replicò Hazyel, studiando ogni minima reazione sul volto della Orioniana. "Ma devo chiedermi cosa renda un semplice fuggitivo così speciale ai tuoi occhi."
"Semplice fuggitivo?" Alera scosse lentamente la testa. "I semplici fuggitivi non combattono come te. Non si muovono come te. E soprattutto, non attirano deliberatamente l'attenzione su di sé quando potrebbero nascondersi."
Hazyel arcuò un sopracciglio. "Forse ero semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato."
"No" rispose Alera con sicurezza "Tu volevi essere catturato."
La stanza piombò in un silenzio carico di tensione. Hazyel mantenne un'espressione neutra, ma dentro di sé valutava rapidamente le implicazioni di quella affermazione. Alera era molto più perspicace di quanto avesse previsto.
"Una teoria interessante" concesse infine "Ma perché qualcuno dovrebbe voler essere catturato?"
Alera si alzò con un movimento fluido e si avvicinò, fermandosi a pochi centimetri da lui. L'aria nella cella sembrò improvvisamente carica di elettricità.
"Questo è ciò che intendo scoprire" mormorò lei, chinandosi in avanti "E ho molti metodi a mia disposizione."
Hazyel percepì immediatamente l'ondata di feromoni che l'Orioniana stava deliberatamente emanando. Le modifiche genetiche effettuate dalla dottoressa Tarev lo proteggevano in parte, ma non completamente. Sentì un calore diffondersi nel suo corpo, i sensi acuirsi, la mente lottare per mantenere la lucidità.
"Non credo che questo faccia parte dei protocolli standard di interrogatorio," commentò con voce leggermente più roca.
Un sorriso sensuale si disegnò sulle labbra di Alera "Chi ha parlato di protocolli standard? Sei un prigioniero speciale, meriti un trattamento... personalizzato."
Si sedette accanto a lui sulla brandina, così vicina che Hazyel poteva sentire il calore emanare dal suo corpo. Gli occhi di Alera, di un verde intenso con sfumature dorate, lo studiavano con una combinazione di curiosità professionale e interesse personale.
"Sei diverso" osservò lei, posando delicatamente una mano sul suo braccio. "C'è qualcosa in te... qualcosa che non riesco a definire."
Hazyel sapeva che era arrivato il momento cruciale: doveva mantenere la sua copertura senza cedere completamente al gioco seduttivo della Orioniana.
"Forse è perché non sono ciò che sembro" rispose con un tono basso e controllato.
"E cosa sei esattamente?" chiese Alera, avvicinandosi ulteriormente.
"Complicato" fu la risposta di Hazyel.
Alera rise, un suono cristallino che riempì la cella. "Tutti gli uomini interessanti lo sono."
"Hai una genetica peculiare" continuò, lasciando scorrere un dito lungo il suo avambraccio. "I nostri scanner hanno rilevato alcune... anomalie."
"Nessuno è perfetto" commentò Hazyel con un lieve sorriso.
"Al contrario" ribatté lei, studiandolo intensamente. "La tua struttura genetica suggerisce una miscela rara. Madre Orioniana, padre... Risiano, forse?"
Era esattamente la conclusione a cui Sarah aveva previsto che sarebbero arrivati. Hazyel annuì lentamente.
"Non tutti apprezzano i 'mezzi sangue' come me" disse con un'ombra di amarezza studiata nella voce. "Soprattutto nel Sindacato, dove la purezza genetica è così importante per alcune famiglie."
"Eppure hai mantenuto la colorazione materna" osservò Alera, tracciando con un dito il profilo del suo viso "Affascinante."
"La genetica è capricciosa" rispose Hazyel, permettendosi di rilassare leggermente la postura "E tu? Sei qui solo per studiare le mie peculiarità genetiche?"
Alera sorrise, un sorriso che non raggiunse completamente i suoi occhi. "Sono qui perché sei un enigma. E io adoro gli enigmi."
"Avrei pensato che una responsabile della sicurezza preferisse le certezze."
"Oh, arriviamo sempre alle certezze" rispose lei con un tono che prometteva e minacciava allo stesso tempo. "Solo, a volte prendiamo strade più... tortuose per raggiungerle."
Si alzò improvvisamente, creando una distanza tra loro che sembrava più psicologica che fisica.
"Sai cosa mi ha davvero incuriosito di te, Nihzorr Khael?" chiese, tornando al pannello di controllo.
"Illuminami" rispose Hazyel, osservando ogni suo movimento.
"Il modo in cui ti sei mosso durante il panico generalizzato" spiegò Alera, facendo apparire le registrazioni olografiche della sua fuga. "Tutti correvano, spingevano, lottavano per la sopravvivenza. Tu invece sembravi danzare tra la folla. Ogni passo calcolato, ogni movimento finalizzato."
Fece una pausa, studiando la sua reazione.
"E poi, naturalmente, c'è il fatto che hai affrontato Zarek e i suoi uomini. Non per necessità, ma per scelta. Come se volessi guadagnare tempo."
Hazyel mantenne un'espressione impassibile. "Forse volevo solo evitare di essere catturato."
"No" rispose Alera con sicurezza. "Se avessi voluto fuggire, avresti potuto farlo. Sei abbastanza intelligente e abile per riuscirci. Hai scelto di combattere, di attirare attenzione. La domanda è: perché?"
Si avvicinò nuovamente, questa volta fermandosi proprio davanti a lui. La sua presenza era magnetica, una combinazione di autorità naturale e sensualità innata tipica delle donne orioniane di alto rango.
"Chi stavi proteggendo, Nihzorr?" chiese, la voce improvvisamente dolce e invitante.
Hazyel sostenne il suo sguardo. "Cosa ti fa pensare che stessi proteggendo qualcuno?"
"Esperienza" rispose semplicemente Alera "E il fatto che un uomo con le tue capacità non agisce mai senza uno scopo."
Si chinò in avanti, le mani appoggiate sulle ginocchia di Hazyel, il viso a pochi centimetri dal suo. I feromoni Orioniani saturarono l'aria, creando una nebbia sensoriale difficile da ignorare anche con le protezioni di cui disponeva.
"Dimmi chi sono i tuoi compagni" sussurrò Alera, le labbra così vicine che Hazyel poteva sentirne il calore "E forse potrò aiutarti."
"I miei compagni?" ripeté Hazyel, permettendosi un sorriso ambiguo "Una donna come te dovrebbe sapere che un uomo nella mia posizione lavora sempre solo."
Alera rise, un suono basso e sensuale. "Nessuno è veramente solo, Nihzorr. Specialmente non qualcuno con un passato complicato come il tuo."
Si raddrizzò, creando nuovamente spazio tra loro, un gioco di avvicinamento e allontanamento che sembrava studiato per destabilizzare.
"Sei bravo" concesse lei "Ma io sono paziente."
"Dobbiamo avere qualcosa in comune, allora" replicò Hazyel.
Alera lo studiò per alcuni istanti, poi attivò un comando sul pannello. La porta della cella si aprì.
"Tornerò presto" promise. "Nel frattempo, rifletti su quanto sia vantaggioso avere me come alleata piuttosto che come nemica."
Si fermò sulla soglia, voltandosi un'ultima volta. "Oh, e Nihzorr? Non tentare di manipolare le guardie. Sono state istruite a ignorare qualsiasi cosa tu possa dire o fare."
"Non mi sognerei mai di manipolare nessuno" rispose Hazyel con un sorriso innocente.
Alera alzò un sopracciglio scettico. "Certo. E io non sono Orioniana."
Con queste parole uscì, la porta si richiuse con un sibilo e Hazyel rimase solo con i suoi pensieri.
Si stese sulla brandina, fissando il soffitto. La prima fase del piano era completata: era stato catturato, aveva attirato l'attenzione su di sé, permettendo agli altri di fuggire. Ora iniziava la parte più delicata: sopravvivere abbastanza a lungo perché Moses e gli altri potessero organizzare una estrazione.
E nel frattempo, c'era Alera da gestire. Una sfida interessante, considerando che raramente aveva incontrato qualcuno con un tale livello di percezione e astuzia.
"Che il gioco abbia inizio" mormorò a se stesso, preparandosi mentalmente per ciò che sarebbe venuto.

Pianeta Orione
Stazione Orbitale Tau-7
Corridoio del settore di detenzione
29/08/2404 - poco dopo


Alera percorreva il corridoio a passo deciso, il volto una maschera di professionalità che nascondeva il turbinio di pensieri e sensazioni.
Nihzorr Khael era molto più di quanto sembrava, ne era certa.
La cosa che più la disturbava era la sua resistenza ai feromoni Orioniani. Qualsiasi uomo, indipendentemente dalla specie, avrebbe dovuto mostrare segni più evidenti di influenza. Lui invece, pur reagendo, manteneva un controllo notevole.
La sua natura mista poteva spiegare parte di questa resistenza, ma c'era qualcosa di più. Qualcosa di artificiale, forse? Un inibitore chimico?
Raggiunse il suo ufficio e attivò il sistema di sicurezza per garantire la privacy. Sullo schermo principale apparvero i dati biometrici completi del prigioniero.
"Computer, ripeti analisi comparativa delle letture genetiche del soggetto Nihzorr Khael con il database delle specie note."
=^=Analisi in corso=^= rispose la voce sintetica del computer. =^=Corrispondenza trovata: 47% genetica orioniana, 53% genetica risiana. La pigmentazione epidermica mostra dominanza del tratto materno Orioniano, mentre la struttura interna degli organi segue prevalentemente il modello Risiano. Anomalia rilevata nella distribuzione dei tratti fenotipici=^=
"Specificare anomalia" ordinò Alera
=^=E' presente una molecola non catalogata nel flusso sanguigno, apparentemente di origine sintetica=^=
Ecco la conferma dei suoi sospetti. "Natura e funzione della molecola?"
=^=Analisi incompleta. La molecola mostra proprietà auto-rigeneranti e sembra interagire con i recettori neurochimici associati alla risposta ai feromoni Orioniani=^=
Alera si appoggiò allo schienale della sedia, un sorriso lento le si formò sulle labbra. "Un inibitore su misura," mormorò. "Qualcuno ti ha preparato molto bene, Nihzorr."
Le domande si stavano moltiplicando nella sua mente: chi era veramente quest'uomo? Per chi lavorava? E soprattutto, cosa cercava su Orione?
Una cosa era certa: Nihzorr Khael rappresentava una sfida che Alera non vedeva l'ora di affrontare. E quando si trattava di giochi di seduzione e manipolazione, raramente perdeva.
Si alzò, controllando il proprio riflesso in una superficie metallica lucida. Per il prossimo incontro avrebbe abbandonato la rigida uniforme da ufficiale. Era tempo di sfoderare armi più... tradizionali.
"Computer, programma di interrogatorio personalizzato per il prigioniero nella cella 17-B."
=^=Interrogatorio prolungato programmato nella sala interrogatori 3. Inizio previsto tra due ore.=^=
"Ho un'idea migliore, fallo portare nei miei alloggi." Alera sorrise soddisfatta.

Pianeta Orione
Stazione Orbitale Tau-7
Alloggio 4-C
29/08/2404 - 03:44


Quando le guardie lo scortarono nella stanza di interrogatorio, Hazyel si aspettava l'ambiente sterile e intimidatorio tipico di queste strutture. Invece, si trovò in uno spazio che ricordava più un lussuoso salotto privato che una camera di tortura.
Le pareti, rivestite di pannelli che simulavano legno scuro, creavano un'atmosfera calda e avvolgente. Un divano dall'aria confortevole occupava un lato della stanza, di fronte a una poltrona singola. In un angolo, un mobile bar conteneva bottiglie di liquori pregiati che brillavano alla luce soffusa.
"Benvenuto nei miei quartieri personali" disse una voce familiare alle sue spalle.
Hazyel si voltò lentamente. Alera era appoggiata allo stipite della porta, le guardie già scomparse nel corridoio.
Aveva abbandonato l'uniforme per un abito lungo color smeraldo che seguiva perfettamente le curve del suo corpo, con aperture strategiche che rivelavano lembi di pelle verde più scura. I capelli, ora sciolti, cadevano come una cascata d'ebano fino alla vita.
"Non esattamente ciò che mi aspettavo per un interrogatorio" commentò Hazyel, mantenendo un tono neutro nonostante l'evidente cambiamento di strategia della donna.
"Oh, questo non è un interrogatorio" rispose Alera, avanzando con grazia felina nella stanza. "Questo è un invito a una conversazione civile."
Si diresse verso il mobile bar e versò due bicchieri di un liquido ambrato. "Brandy Sauriano. Una rarità anche su Orione."
Porse uno dei bicchieri a Hazyel, che lo accettò, ma non bevve immediatamente.
"Puoi rilassarti" disse lei con un sorriso "Se avessi voluto avvelenarti, avrei metodi molto più efficienti di un brandy d'annata."
"Non è il veleno che mi preoccupa" rispose Hazyel "Ma apprezzo il pensiero."
Alera si accomodò sulla poltrona, incrociando le gambe con studiata lentezza. "Siediti, per favore. Il divano è sorprendentemente comodo per essere mobilio standard della stazione."
Hazyel obbedì, mantenendo una postura rilassata, ma vigile. Il gioco era cambiato, e doveva adattarsi rapidamente.
"Quindi" iniziò Alera dopo aver assaporato un sorso di brandy "ho fatto alcune ricerche su di te, Nihzorr Khael. O dovrei dire, sulla tua assenza di esistenza prima di tre anni fa?"
Hazyel sorrise "Tre anni sono un periodo piuttosto lungo."
"Non per costruire una reputazione come pirata freelance con connessioni alla famiglia Tendi" replicò lei. "Specialmente non con credenziali così impeccabili da sembrare... fabbricate."
"I migliori documenti lo sembrano sempre" concesse Hazyel, assaggiando finalmente il brandy. Era eccellente, proprio come promesso "Ma non significa che siano falsi."
Alera lo osservò con crescente fascino. "Sai cosa trovo veramente interessante? La tua calma. La maggior parte degli uomini, quando si trovano in una situazione come la tua, mostrano segni di stress. Sudorazione, dilatazione delle pupille, micro-espressioni di ansia. Tu invece sembri... a tuo agio."
"Forse è perché mi piace la compagnia" rispose Hazyel, sostenendo il suo sguardo.
"O forse è perché sei abituato agli interrogatori" suggerì lei "Addestrato a resistere, persino."
Hazyel inclinò leggermente il capo. "Se fossi stato così ben addestrato, non credi che avrei evitato di essere catturato in primo luogo?"
"A meno che, come sospetto, la cattura non fosse esattamente ciò che volevi."
La tensione nella stanza era palpabile, un equilibrio precario tra attrazione e sospetto, tra gioco e pericolo reale.
"Facciamo un gioco, Nihzorr" propose improvvisamente Alera, posando il bicchiere "Una domanda per uno. Risposte oneste."
"E come garantiamo questa onestà?" chiese Hazyel, incuriosito dalla proposta.
Alera sorrise "Non possiamo. Questo è ciò che rende il gioco interessante" Si sporse leggermente in avanti "Io inizio: qual è il tuo vero nome?"
Hazyel prese tempo con un altro sorso di brandy. "Nihzorr è il mio nome" rispose con un sorriso disarmante. "Almeno, è quello con cui sono stato cresciuto. Quanto al resto... i nomi sono solo etichette, no? È ciò che facciamo che ci definisce."
"Una risposta evasiva" commentò Alera, ma nei suoi occhi brillava un lampo di divertimento "Il tuo turno."
Hazyel studiò la donna per un momento, valutando quale domanda potesse rivelarsi più utile.
"Perché ti occupi personalmente di me? Una responsabile della sicurezza di alto livello dovrebbe avere questioni più urgenti dopo un attentato"
Alera sorrise, e questa volta il sorriso raggiunse i suoi occhi. "Perspicace. La risposta semplice è che sei una anomalia in un sistema che conosco alla perfezione" Fece una pausa, facendo roteare il liquido nel bicchiere. "La risposta complicata è che gli altri prigionieri sono prevedibili. Tu... tu sei un enigma. E gli enigmi sono rari nella mia posizione."
Si accostò al bordo della poltrona, riducendo la distanza tra loro "La mia domanda: cosa cercavi realmente su Orione?"
"Libertà" rispose Hazyel dopo un momento di riflessione. "Il Sindacato offre opportunità che altre... giurisdizioni considerano illegali."
"Quali opportunità specifiche?" insistette Alera.
Hazyel scosse la testa con un sorriso "Ah-ah. Una domanda per volta. Quelle erano le regole."
Alera rise, un suono melodioso che illuminò momentaneamente la sua espressione solitamente calcolata "Hai ragione. Il tuo turno."
"Chi comanda veramente la sicurezza su questa stazione?" chiese Hazyel, cambiando apparentemente argomento.
Un'ombra passò fugacemente sul volto di Alera "Ufficialmente, il Consiglio di Sicurezza di Orione." Fece una pausa, valutando quanto rivelare. "Ufficiosamente, la famiglia Kolrek ha un'influenza predominante, soprattutto dopo gli ultimi... cambiamenti amministrativi."
Hazyel annuì lentamente, memorizzando l'informazione. La famiglia Kolrek era nota per i suoi legami con il traffico di armi e informazioni, un dato che confermava alcune delle intelligence raccolte dalla Flotta Stellare.
"La mia domanda" continuò Alera, alzandosi con movimento fluido per avvicinarsi al divano. "Cosa contiene l'impianto sottocutaneo sul tuo polso? E non dirmi che è un semplice dispositivo medico."
Si sedette accanto a lui, la vicinanza ora intima e provocatoria allo stesso tempo. Il profumo esotico che emanava era quasi inebriante, un misto di spezie rare e qualcosa di più primitivo: feromoni potenziati, senza dubbio.
"È un modulatore biochimico" rispose Hazyel, decidendo che una mezza verità sarebbe stata più credibile di una bugia completa. "Una necessità per chi come me ha... particolarità genetiche. Non tutti i sistemi corporei risiani e orioniani sono perfettamente compatibili."
Alera sfiorò il punto esatto dove l'impianto era nascosto sotto la pelle verde. "Ingegnoso. E presumo aiuti anche contro certi... effetti naturali della mia specie?"
"Il tuo turno è finito" ricordò Hazyel con un sorriso enigmatico "La mia domanda: cosa succederà a me dopo questo interrogatorio non convenzionale?"
Alera mantenne la mano sul suo polso, il contatto leggero, ma deliberato. "Dipende interamente da te. Se collabori, posso garantirti una certa... libertà di movimento all'interno della stazione. Se resisti..." lasciò la frase in sospeso, la minaccia implicita più efficace di qualsiasi dettaglio esplicito.
"E cosa significa esattamente 'collaborare'?" chiese Hazyel, infrangendo deliberatamente le regole del gioco.
Alera sorrise, accettando la trasgressione. "Informazioni. Chi sei realmente. Per chi lavori. Cosa cercavi su Orione. E soprattutto, chi erano i tuoi compagni."
Si avvicinò ulteriormente, il suo viso ora a pochi centimetri dal suo. "La mia domanda: cosa saresti disposto a fare per garantirti quella libertà di movimento?"
La tensione tra loro era palpabile, carica di significati multipli. Hazyel sapeva che questo momento rappresentava un punto critico: come rispondeva avrebbe determinato il corso dell'interrogatorio e, potenzialmente, delle prossime ore o giorni.
"Sarei disposto a negoziare" rispose con voce bassa e controllata "Ma ogni negoziazione ha i suoi limiti."
"E quali sarebbero i tuoi limiti, Nihzorr?" sussurrò Alera, le labbra quasi sfioravano le sue.
"Non tradisco chi mi ha aiutato" rispose semplicemente Hazyel.
Alera si allontanò leggermente, studiandolo con rinnovato interesse. "Lealtà. Una qualità rara, specialmente tra i freelance."
"Anche tra gli ufficiali della sicurezza, immagino" replicò Hazyel.
"Touché," concesse lei con un sorriso che rivelava più di quanto intendesse "Il tuo turno."
Hazyel decise di azzardare "Cosa ci fai veramente qui, Alera? Una donna con il tuo talento e intelligenza potrebbe avere posizioni molto più prestigiose nel Sindacato."
Per la prima volta, vide un'incrinatura nella sua facciata sicura. Un battito di ciglia troppo rapido, un impercettibile irrigidimento della mascella.
"Le apparenze ingannano," rispose lei dopo un momento "Questa posizione mi offre... opportunità uniche."
"Di che tipo?"
Alera sorrise, riprendendo il controllo. "Una domanda alla volta, ricordi?"
Si alzò improvvisamente, creando distanza tra loro. Camminò verso il mobile bar e si versò un altro bicchiere.
"La mia domanda" disse, voltandosi a guardarlo "Cosa faresti se ti lasciassi andare? Dove andresti?"
"Credi che ti direi la verità?" ribatté Hazyel con un sorriso sardonico.
"No" rispose Alera con sorprendente sincerità "Ma la tua menzogna potrebbe essere altrettanto rivelatrice."
Hazyel si alzò a sua volta, avvicinandosi lentamente a lei "Andrei dove sono necessario. Dove posso fare la differenza."
"Una risposta nobile per un presunto criminale" commentò Alera.
"Forse non sono ciò che sembro" suggerì Hazyel.
"Su questo non ho alcun dubbio" mormorò lei.
Si fissarono intensamente, il gioco delle domande momentaneamente dimenticato. L'aria sembrava elettrizzata, carica di una tensione che andava oltre il semplice interrogatorio.
"Sai cosa penso, Nihzorr?" disse infine Alera, posando il bicchiere e avvicinandosi nuovamente a lui "Penso che tu sia qui per uno scopo molto specifico. Non sei un semplice pirata o mercenario. Sei addestrato, disciplinato... e hai un obiettivo preciso."
"Tutti abbiamo i nostri obiettivi" rispose Hazyel, mantenendo il contatto visivo.
Alera allungò una mano, posandola sul petto di Hazyel. Poteva sentire il battito cardiaco del Risiano, forte e costante.
"Propongo un nuovo gioco" sussurrò lei. "Uno più... intimo."
"Credevo che questo fosse un interrogatorio" replicò Hazyel, senza allontanarsi.
"Ti ho già detto che non lo è" rispose Alera. "È una conversazione tra due persone che potrebbero trovare reciproci vantaggi nella collaborazione."
"Che tipo di collaborazione hai in mente?"
Il sorriso di Alera si allargò, predatorio e seducente allo stesso tempo "Il tipo che potrebbe soddisfare entrambi."
Con un movimento fluido, eliminò la distanza residua tra loro. Le sue labbra sfiorarono quelle di Hazyel in un bacio leggero, quasi sperimentale.
Hazyel sapeva che questo momento era cruciale. Respingerla avrebbe sollevato sospetti cedere completamente avrebbe compromesso il suo controllo. Scelse una via di mezzo: rispose al bacio con misurata passione, sufficiente a sembrare genuina, ma non abbastanza da perdere lucidità.
Quando si separarono, gli occhi di Alera brillavano di una luce nuova, un misto di desiderio e calcolo freddo.
"Interessante" mormorò lei "Il tuo modulatore non blocca completamente i feromoni, vedo."
"O forse non è solo questione di feromoni" suggerì Hazyel.
Alera rise leggermente "Affascinante ipotesi." Si allontanò di un passo, studiandolo. "Sai, potrei farti trasferire in alloggi più... confortevoli. A patto che tu sia disposto a continuare questa conversazione su basi regolari."
"E cosa otterresti in cambio?" chiese Hazyel, sempre vigile nonostante l'apparente rilassamento della situazione.
"Informazioni, naturalmente" rispose lei con disarmante onestà. "Forse non quelle che vuoi darmi subito, ma col tempo... la fiducia si costruisce, non credi?"
"La fiducia è un bene raro."
"Proprio come le seconde possibilità" replicò Alera. Tornò alla console sulla parete e digitò alcuni comandi. "Ti sto assegnando al livello 4, sezione C. Tecnicamente sei ancora un prigioniero, ma avrai accesso limitato alle aree comuni e ai servizi di base della stazione."
Hazyel inarcò un sopracciglio, sorpreso dalla rapidità della decisione "Così facilmente? Il tuo superiore potrebbe non approvare."
Alera sorrise con sicurezza "Il mio superiore raramente mette in discussione i miei metodi. Specialmente quando producono risultati."
"E sei certa che io produrrò risultati?"
"Oh, ne sono convinta" rispose lei, avvicinandosi nuovamente "Sei troppo intelligente per non vedere i vantaggi di un'alleanza con me."
Posò una mano sul suo viso, un gesto quasi tenero che contrastava con la natura calcolatrice del loro scambio "E ci sono molti vantaggi, Nihzorr. Più di quanti possa immaginare."
Si separò da lui e premette un altro comando sulla console. La porta si aprì, rivelando due guardie in attesa.
"Scortate il prigioniero Nihzorr Khael agli alloggi 11-C" ordinò con tono professionale, come se i momenti intimi di poco prima non fossero mai esistiti. "Privilegi limitati, monitoraggio standard."
Le guardie annuirono senza fare domande.
"Ci vedremo presto" disse rivolta a Hazyel, il suo tono nuovamente formale ma con una sfumatura promettente nelle parole "Prenditi del tempo per riflettere sulla tua... posizione."
Hazyel inclinò leggermente il capo in un gesto di rispettoso ringraziamento. "Non vedo l'ora del nostro prossimo incontro, Comandante."
Mentre seguiva le guardie fuori dalla stanza, Hazyel mantenne un'espressione neutra, ma dentro di sé stava già analizzando tutto ciò che aveva appreso.
Alera era intelligente, astuta e pericolosa, esattamente il tipo di persona che poteva rivelarsi una preziosa alleata o una formidabile nemica.
E al momento, non era ancora chiaro quale delle due sarebbe stata.

Pianeta Orione
Stazione Orbitale Tau-7
Alloggio 11-C
29/08/2404 - 03:47


L'alloggio assegnato era sorprendentemente confortevole per quello che tecnicamente rimaneva uno stato di prigionia.
Una stanza principale con un letto vero anziché una brandina, un'area soggiorno con divano e tavolino, persino un piccolo sintetizzatore di cibo programmato per un menu limitato.
Hazyel ispezionò metodicamente l'ambiente, individuando rapidamente i dispositivi di sorveglianza: tre telecamere visibili e probabilmente altrettante nascoste, sensori di movimento sui punti di accesso, persino un sottile campo di forza sulla finestra che dava sullo spazio esterno.
Sarebbe stato impressionato se non fosse stato esattamente ciò che si aspettava.
Si sedette sul bordo del letto, togliendosi gli stivali con un sospiro. Il confronto con Alera era stato stimolante e pericoloso allo stesso tempo. La donna aveva un'intelligenza acuta e una capacità di leggere le persone che andava oltre il semplice addestramento professionale.
"Computer" chiamò improvvisamente. "Orario locale?"
=^=03:47, ora standard della stazione=^= rispose la voce sintetica.
Hazyel annuì a se stesso. Se i suoi calcoli erano corretti, Moses e gli altri avrebbero dovuto raggiungere il punto di estrazione diverse ore prima. La domanda era: erano riusciti a stabilire un contatto con la Raziel?
Si sdraiò sul letto, fissando il soffitto. Doveva essere paziente. Precipitare gli eventi sarebbe stato controproducente, specialmente considerando quanto Alera fosse già sospettosa.
Il suo piano immediato era semplice: guadagnare gradualmente più libertà di movimento all'interno della stazione, raccogliere quante più informazioni possibili sulla sicurezza e sulle vie di fuga, e essere pronto quando il momento dell'estrazione fosse arrivato.
Nel frattempo, doveva mantenere un delicato equilibrio con Alera: sufficientemente collaborativo da non destare ulteriori sospetti, ma non tanto da compromettere la missione o i suoi compagni.
"Un gioco pericoloso," mormorò a se stesso.
Ma era un gioco che sapeva giocare bene. In fondo, l'inganno e l'infiltrazione erano sempre stati tra le sue specialità.
Chiuse gli occhi, permettendosi di riposare brevemente. Avrebbe avuto bisogno di tutte le sue energie per i giorni a venire.

Pianeta Orione
Stazione Orbitale Tau-7
Ufficio del comandante Alera
29/08/2404 - contemporaneamente


Alera osservava il feed di sorveglianza che mostrava Nihzorr nel suo nuovo alloggio. Lo guardò ispezionare la stanza, trovare le telecamere - non tutte, notò con soddisfazione - e infine sdraiarsi con un'espressione pensierosa.
"Computer, analisi comportamentale del soggetto," ordinò.
=^=Analisi in corso=^= rispose il sistema. =^=Il soggetto mostra schemi di movimento coerenti con addestramento militare di alto livello. La scansione della stanza è stata sistematica ed efficiente. Postura e micro-espressioni indicano vigilanza continua nonostante l'apparente rilassamento.=^=
Alera sorrise tra sé. Esattamente come sospettava.
"Approfondimento sulla resistenza ai feromoni orioniani," continuò.
=^=Il soggetto mostra una resistenza del 78% rispetto alla media delle specie umanoidi. L'analisi della molecola presente nel suo flusso sanguigno suggerisce un agente bloccante sintetico specificamente progettato per neutralizzare i recettori neurochimici dei feromoni di classe-O.=^=
Alera tamburellò le dita sulla console, pensierosa. Tecnologia medica sofisticata, addestramento militare, una copertura elaborata... Chi aveva inviato Nihzorr? E perché?
C'erano troppe possibilità: poteva essere un agente della Federazione, un operativo dei Romulani, persino un infiltrato di qualche fazione dissidente del Sindacato stesso.
Una cosa era certa: Nihzorr Khael era un avversario degno della sua attenzione. E il gioco che stavano iniziando prometteva di essere affascinante.
Si alzò, dirigendosi verso i suoi alloggi privati adiacenti all'ufficio. Avrebbe ripreso l'interrogatorio il giorno successivo, con un approccio diverso. Se la seduzione diretta aveva incontrato resistenza, forse un legame più sottile, costruito gradualmente, avrebbe dato migliori risultati.
E nel frattempo, avrebbe fatto indagare su qualsiasi attività sospetta sul pianeta nelle ore precedenti l'esplosione. Se Nihzorr aveva davvero dei complici, avrebbero lasciato tracce.
"Pazienza" si disse, mentre la porta dei suoi alloggi si chiudeva dietro di lei. "Il tempo è dalla mia parte."
Ma una piccola voce nella sua mente le ricordava che anche i migliori cacciatori potevano diventare prede se sottovalutavano la loro selvaggina. E Nihzorr Khael non sembrava il tipo che si lasciava intrappolare facilmente.
Nel silenzio della sua stanza, Alera si chiese se, per la prima volta dopo molto tempo, avesse trovato qualcuno in grado di competere con lei nel gioco dell'inganno e della seduzione.
Era una prospettiva inquietante.
E stranamente eccitante.