Pianeta Orione - Città di Cadel
Vicoli del quartiere a luci rosse
29/08/2404 - 12:30
I V9-SPECTER avevano eseguito il loro compito con l'implacabile precisione di macchine nate per la guerra: in poche ore avevano ripulito la zona da chiunque non corrispondesse ai pattern biometrici codificati nei loro algoritmi.
Ora, il quartiere a luci rosse giaceva come un deserto spettrale, illuminato a tratti dai bagliori intermittenti delle luci di emergenza.
Solo squadre orioniane in tute hazmat si muovevano tra le rovine, chine ad analizzare la scena del crimine. Intorno a loro, droni di raccolta campioni ronzavano come insetti metallici, armati con un arsenale sorprendentemente pesante per semplici unità scientifiche.
Elaina, nascosta nell'ombra di un vicolo, notò che alcuni erano modelli obsoleti, forse precedenti ai V9: ricondizionati con scanner di ultima generazione, ma ancora equipaggiati con cannoni al plasma che tradivano un passato militare.
I Repressori, completato il rastrellamento iniziale, si erano ritirati verso il comando mobile, lasciando sentinelle isolate: una ogni due agenti in tuta di contenimento, le visiere opache che riflettevano i bagliori delle luci di emergenza.
I corpi sparsi tra i detriti raccontavano una storia di devastazione: feriti agonizzanti e cadaveri mutilati dall'esplosione, la pelle verde degli Orioniani corrosa in chiazze nerastre e vesciche da ustioni chimiche.
Accovacciata dietro un cassone ribaltato, Elaina osservava in silenzio.
Le squadre scientifiche, armate di tricorder e sonde, si muovevano con la precisione di un rituale, cercando il punto d'origine della detonazione. Non era un ordigno comune: i danni chimici parlavano di qualcosa di più subdolo, forse un prototipo dei virus di Vorlag.
Elaina si mosse come un'ombra, il cappuccio della giacca tirato sul viso per non essere tradita dai riflessi delle superfici vitree, che i droni potevano inquadrare mentre pattugliavano i vicoli come squali attirati da una scia di sangue.
L'aria era densa di fumo, misto all'odore acre di metallo bruciato e al lezzo pungente del quartiere, un ricordo persistente dell'esplosione. Ogni passo scricchiolava sui detriti sparsi, frammenti di insegne al neon e lamiere contorte, rendendo impossibile un movimento del tutto silenzioso.
Le sue percezioni empatiche, però, erano un tumulto ben più rumoroso: paura, rabbia, disperazione intrecciati come un coro dissonante, ma sotto, come una corrente sotterranea, c'era quella firma fredda e calcolatrice: Vorlag.
Non era lì per compiacersi: stava studiando, imparando, perfezionando il suo piano.
*Ti sento* pensò Elaina stringendo i pugni.
Svoltò in un vicolo stretto, dove quella che una volta era un'insegna al neon lampeggiava debolmente, proiettando bagliori irregolari sulle pozzanghere oleose. Il dispositivo di scansione nella sua tasca vibrava leggermente, rilevando un segnale energetico anomalo.
Ma la sua concentrazione fu spezzata da un movimento rapido alle sue spalle. Non erano i droni né i Repressori: figure furtive, sciacalli, si muovevano tra le rovine, razziando oggetti di valore dalle case sventrate e dai corpi abbandonati.
Elaina si irrigidì, rendendosi conto troppo tardi che l'avevano notata. Due di loro, con volti coperti da maschere improvvisate, la fissavano con occhi avidi, stringendo lame al plasma. Non erano solo ladri: erano predatori, e lei era una preda isolata.
Accelerò il passo, il cuore che martellava, mentre cercava di orientarsi nel dedalo di vicoli.
Gli sciacalli la inseguivano, silenziosi e rapidi, sfruttando la loro conoscenza del quartiere. Elaina svoltò in un angolo, il respiro corto, ma prima che potesse estrarre il phaser, una mano forte le afferrò il polso e un'altra le coprì la bocca, trascinandola dentro un negozio semi-distrutto. Il panico la travolse per un istante, ma una voce familiare la riportò alla realtà .
"Shh, sono io" sussurrò Lucius Fox, il suo volto stanco, ma deciso illuminato dalla luce fioca di una lampada al plasma rotta. "Stai calma, Elaina. Non credo ci abbiano visto, aspettiamo il via libera dal nostro angelo custode" disse lui allentando la presa e picchiettando l'orecchio.
=^= Stanno passando di fronte a voi e... ok, non siete più nel loro campo visivo. Direi che li avete seminati. Cambio posizione, devo mettermi sottovento. Attendo i vostri movimenti. Malice chiude =^=
"Adoro quella ragazza.." disse Lucius con un filo di voce. Elaina si rilassò, il respiro che tornava regolare mentre Fox la lasciava andare. "Come... come mi hai trovata?" chiese, la voce bassa per non attirare attenzione.
Fox sollevò un piccolo dispositivo, un cardiorivelatore modificato. "Ho seguito il tuo battito cardiaco. La famiglia Grixar mi ha dato questo aggeggio: rileva firme biologiche anche attraverso le interferenze. Peccato che funzioni solo in un raggio ristretto.. Sapevo che saresti venuta qui, testarda come sei."
Il suo tono era un misto di rimprovero e sollievo.
"Quegli sciacalli là fuori non sono il tuo unico problema. I Repressori stanno intensificando i pattugliamenti, e i droni stanno scansionando ogni cosa che si muove. Sei fortunata che ti ho vista prima di loro."
Elaina si passò una mano sul viso, cercando di riprendere il controllo.
"Vorlag è qui, Fox. Non è a Cygnus. L'ho sentito. È vicino, sta osservando, studiando il caos che ha creato. Devo trovarlo."
Fox la fissò, la fronte corrugata. "Elaina, sei fuori di testa. Moses ti ucciderebbe se sapesse che sei qui da sola. Ma..." sospirò, "hai ragione su una cosa: c'è qualcosa di strano. Ho intercettato un segnale criptato mentre venivo qui. Qualcuno sta trasmettendo dati da un punto vicino, forse un magazzino a nord. Potrebbe essere lui."
Elaina annuì, gli occhi che brillavano di determinazione. "Allora andiamo. Non possiamo aspettare Moses o gli altri. Se Vorlag è qui, dobbiamo fermarlo ora, prima che rilasci altri virus."
Fox esitò, poi estrasse un phaser e controllò il livello di carica.
"D'accordo, ma restiamo insieme. Questo posto è un nido di vipere, e non solo per i Repressori o gli sciacalli. Se Vorlag è vicino, avrà delle difese. E non mi fido di quei droni là fuori."
Si mossero con cautela, scivolando fuori dal negozio distrutto.
Elaina guidava, seguendo la traccia empatica di Vorlag, mentre Fox la copriva e aggiornava Malice sui loro spostamenti osservando al contempo il cardiorivelatore che pulsava debolmente.
I vicoli si stringevano, un labirinto di ombre e detriti, con gli sciacalli ancora in agguato da qualche parte. Sopra di loro, un drone V9-SPECTER passò ronzando, i suoi scanner che proiettavano raggi rossi sulla strada.
Elaina si immobilizzò, trattenendo il respiro, mentre Fox la tirava dietro un mucchio di macerie.
"Dobbiamo fare attenzione, stando alle specifiche che il fratello di Malice mi ha gentilmente fatto sbirciare è derivato dai droni da guerra cardassiani, roba di prima scelta e sono spaventosamente imprevedibili. Dobbiamo fare attenzione e muoverci in fretta per rimanere fuori dal loro raggio di scannerizzazione." mormorò Fox. "Non so te ma sembra che qualcuno li stia pilotando a distanza e sono abbastanza sicuro nel dire che i Razziatori non sono sufficientemente avvezzi alla tecnologia da manovrare così bene. Dobbiamo muoverci in fretta."
Elaina annuì, la mente focalizzata sulla firma emotiva di Vorlag: un misto di compiacimento e fredda precisione, come se stesse perfezionando un esperimento. "È vicino," sussurrò. "Un magazzino, forse. Sento... controllo, soddisfazione. Sta monitorando tutto."
Raggiunsero un edificio basso e fatiscente, con finestre oscurate e una porta rinforzata. Il cardiorivelatore di Fox emise un bip più forte, confermando un'attività biologica all'interno. Ma prima che potessero avvicinarsi, un gruppo di sciacalli emerse da un vicolo laterale, le lame al plasma che scintillavano.
"Ma guarda un po'! Mammina non vi ha insegnato a fare attenzione a brutti incontri tra i vicoli?" ringhiò uno di loro, passando una lama sulla punta della lingua. "Questo è il nostro territorio ora. Consegnateci tutto e forse vi lasciamo vivere."
Fox alzò il phaser, il volto duro. "Non oggi. Elaina, preparati a correre."
La tensione esplose in un istante. Fox sparò un colpo stordente, abbattendo il primo sciacallo, mentre Elaina si lanciò verso la porta del magazzino, il cuore che batteva all'impazzata. Sentiva Vorlag, sempre più vicino, ma anche il pericolo crescente alle sue spalle. Dovevano entrare, trovare la prova della sua presenza, e fermarlo prima che il quartiere a luci rosse diventasse il ground zero di un nuovo disastro.
Pianeta Orione
Complesso Minerario di Cygnus
29/08/2404 - 14:00
Il velivolo a guida autonoma programmato dalla famiglia Grixar atterrò con un tonfo sordo sulla superficie irregolare del complesso di Cygnus, una vasta distesa di rocce frastagliate e strutture arrugginite che sembravano emergere dal suolo come scheletri di antichi giganti. L'aria era densa di polvere minerale, un velo grigio riduceva la visibilità e dava alla scena un'atmosfera opprimente.
Moses fu il primo a scendere, phaser già in pugno, lo sguardo che scandagliava l'orizzonte desolato. Dietro di lui, T'Pak avanzava con la consueta compostezza vulcaniana, il tricorder acceso a captare anomalie energetiche. Wood chiudeva la formazione, armeggiando con il kit scientifico e borbottando tra sé sui rischi di contaminazione biologica.
"Non mi piace" mormorò Moses, la voce roca per la polvere. "Troppo silenzio. Dove sono le guide promesse dai Grixar?"
Come evocata dalle sue parole, una figura emerse da dietro un cumulo di detriti: un vecchio Orioniano, curvo e sdentato, la pelle verde raggrinzita come cuoio antico, gli occhi infossati che brillavano di malizia. Indossava una tuta logora, macchiata di olio e chissà cos'altro. Un ghigno storto gli increspava le labbra mentre si avvicinava zoppicando.
"Benvenuti nelle viscere di Cygnus, forestieri" gracchiò, la voce ruvida come pietre in una macina. "Io sono Grak. I Grixar mi hanno mandato per guidarvi. Ma badate: queste miniere divorano gli sciocchi. Seguite me e forse ne uscirete interi".
La sua risata rauca rimbalzò tra le rocce. Moses scambiò un'occhiata con T'Pak, che inarcò un sopracciglio in modo eloquente.
"Non abbiamo tempo per chiacchiere, Grak. Portaci ai tunnel principali. Cerchiamo segni di attività recente".
"Neanche un po' di preliminari? — ghignò l'Orioniano. — Come volete. Ma ricordate: le miniere hanno segreti che non amano essere disturbati".
Indicò un ingresso buio, seminascosto da una frana parziale.
Moses prima di entrare si rivolse verso i due incursori: "Voi due rimanete qui fuori e tenete gli occhi aperti, formate un perimetro di sorveglianza e avvisate se notate qualcosa di strano".
Il dedalo di gallerie era un labirinto infernale: pareti umide incrostate di lerciume minerale, pozzanghere stagnanti che riflettevano la luce fioca delle torce, un odore acre di muffa e decomposizione che saturava l'aria.
Grak avanzava con passo sicuro, borbottando indicazioni in un dialetto Orioniano misto a imprecazioni. Wood inciampava spesso sui detriti, il suo tricorder che emetteva beep intermittenti alla ricerca di tracce biologiche.
"Questi tunnel sembrano abbandonati da decenni," osservò T'Pak, la sua voce echeggiante nelle pareti irregolari. "Ma i sensori indicano flussi energetici residui. Qualcuno ha usato energia qui di recente."
"Già , e non per estrarre minerali," rispose Moses, calpestando una pozza viscida. "Occhi aperti. Se è una trappola..."
Non finì la frase. Wood, distratto dal suo dispositivo, mise un piede in fallo su un bordo instabile. Il suolo cedette con un crack sinistro, e l'ufficiale scientifico scivolò giù in un pozzo buio, urlando mentre precipitava per diversi metri. Atterrò con un tonfo doloroso su un mucchio di detriti soffici, il fiato mozzato.
"Wood!" gridò Moses, chinandosi sull'orlo del pozzo. "Stai bene?"
Dal basso arrivò un gemito. "Credo... credo di sì. Solo qualche ammaccatura. Ma guardate qui sotto: c'è un tunnel laterale. Sembra... usato di recente. Pavimento pulito, tracce di attrezzature."
T'Pak annuì logicamente. "Dobbiamo scendere. Grak, hai una corda?"
Il vecchio sdentato ridacchiò di nuovo, tirando fuori una fune logora dalla sua sacca. "Le miniere danno e tolgono, eh?"
Una volta calati nel pozzo, il gruppo seguì Wood nel tunnel secondario.
Era diverso dal resto: pareti rinforzate con placche metalliche recenti, luci al plasma spente ma funzionanti, e un odore sterile che contrastava con il lerciume sopra. Alla fine del tunnel, una porta blindata semiaperta rivelò un laboratorio semi abbandonato: banchi di lavoro coperti di attrezzature scientifiche, centrifughe, incubatori e contenitori criogenici. Tutto sembrava lasciato in fretta, con cavi ancora collegati e luci di standby che pulsavano debolmente.
"Jackpot," mormorò Moses, entrando con cautela. "Questo di certo non e' un centro ricerche minerario.. Wood, hai campo libero: fai la tua magia."
Wood si avvicinò a un tavolo centrale, dove file di fiale erano allineate.
Alcune erano sigillate con etichette criptate, altre aperte e vuote, con residui vischiosi.
Su quelle aperte, nomi incisi: "Minshara Variant-A", "Extreme Hot Strain-B", "Cold Resistance: Protocol-C". "Le etichette non mi piacciono.." disse Wood, la voce tesa. "Questo modo di catalogare per ambiente non e' un buon presagio. Dovrei analizzarli tutti ma ho bisogno di un laboratorio di contenimento sterile, posso al massimo prelevare dei campioni."
T'Pak si avvicinò a un terminale centrale, un computer polveroso, ma intatto. "Tentiamo di riavviarlo. Potrebbe contenere dati sulle ricerche che venivano condotte qui."
Con un po' di lavoro, il sistema si attivò con un ronzio. Lo schermo sfarfallò, rivelando una serie infinita di registri e documenti, tra cui file audio e video.
"Provate ad aprire il primo file video in ordine di registrazione" disse Moses. Il volto di Vorlag apparve: un uomo magro, con occhi infossati e un sorriso maniacale. Nei video, descriveva i suoi esperimenti con distacco clinico, ma via via la sua voce si faceva più febbrile.
"Questi patogeni non sono distruzione... sono evoluzione," diceva in un vlog, le mani tremanti mentre maneggiava una provetta.
"La Federazione mi ha espulso, le famiglie del Sindacato mi hanno deriso. Ma ora, con questi, ridisegnerò tutto. Vala Urmel cadrà per prima, incastrata dalle sue stesse ambizioni."
Wood rabbrividì. "Se il tenore dei video successivi e' questo, altro che discesa nella follia. Da scienziato a... vendicatore divino."
Improvvisamente, il video si interruppe. Lo schermo sfarfallò, e un messaggio pre-registrato apparve: il volto di Vorlag, stavolta calmo e beffardo. "Se state vedendo questo, significa che avete trovato il laboratorio e state armeggiando con qualcosa che è sicuramente oltre la vostra portata. Complimenti per la tenacia, purtroppo si sa.. la curiosita' uccise il gatto. Addio."
Un conto alla rovescia in un qualche dialetto alieno apparve sullo schermo.
"Fuori di qui!" urlò Moses, afferrando Wood per un braccio. T'Pak prese Grak, che imprecava in dialetto, e corsero verso l'uscita. Le pareti tremarono mentre cariche esplosive si attivavano. Saltarono nel pozzo, arrampicandosi con la fune mentre il tunnel collassava alle loro spalle.
Emergendo all'aperto, un boato assordante fece tremare il suolo, e una nuvola di polvere si alzò dal complesso. Ansimanti, si guardarono: vivi, ma con la certezza che Vorlag ancora una volta era stato un passo avanti a loro.
"Era una trappola fin dall'inizio," disse T'Pak, pulendosi la polvere dalla tunica.
"Ma davvero T'Pak? Da cosa lo deduci?" chiese Wood con un tono sarcastico.
"Ma abbiamo una conferma: è lui. E probabilmente ora sa che lo stiamo inseguendo."
Moses attivò il comunicatore. "Sarah, Elaina, rispondete! Cygnus era un diversivo. Vorlag aveva minato il laboratorio. Dobbiamo trovare una nuova pista e alla svelta!"
Wood, ancora scosso, annuì. "E speriamo che Hazyel stia avendo più fortuna lassù."